L'orologio del premier

La pazienza di Draghi fa 15 (giorni). O si agisce o si commissaria

Più dei cento giorni sono questi 15 a raccontare il presidente

Carmelo Caruso

Poteri sostitutivi per non sciupare il Recovery. 15 giorni o si interviene commissariando gli enti. Ecco come Draghi non vuole perdere tempo che dice essere "la nostra opportunità ma anche il nostro nemico"

Roma. E’ la tenerissima minaccia ma è il contrario del castigo. E’ la prova che, come diceva Totò, ogni limite ha una pazienza e che quella di Mario Draghi, del governo che deve spendere 210 miliardi di euro entro il 2026, ha una misura: quindici giorni. Entro quindici giorni le amministrazioni devono adottare i provvedimenti del Recovery, per evitare non tanto, e non solo, di essere commissariate, ma per non indossare le orecchie d’asino.

 

E’  vero che il premier non ha inventato nulla e che da sempre lo stato centrale ha poteri sostitutivi. E però, c’è qualcosa di unico, e nuovo, in queste “due settimane” che sono la virtù del conto alla rovescia, il vi aspetto ma non troppo, il se non si agisce si interviene. C’è infatti un principio che vale più di tutto il decreto che si chiama Semplificazioni. E’ la possibilità che si riserva la struttura governativa di affidare a un commissario la “questione che non si risolve”. Se un progetto del Pnrr finisce inghiottito nella palude del “non so”, la soluzione è toglierglielo dalle mani per consegnarlo ad altre mani.

 

E’ il commissariare che non serve a punire, ma a fare arrossire. Raccontano che da governatore di Bankitalia la prima misura di Draghi fu contenere la durata delle riunioni e che adesso la sua frase ricorrente sia questa: “Il tempo è la nostra opportunità ma può essere il nostro nemico” . Non è quindi il “ci penso io”, ma la necessità di non perdere tempo che gli deriva appunto da tutto il suo tempo passato. Se esistesse il partito di Draghi avrebbe come simbolo l’orologio.

 

Quello di Giuseppe Conte si fermava. Quello di Draghi è digitale. Conte riuniva i suoi ministri di notte. Draghi predilige la mattina, che non è la levataccia, ma l’entrata in ufficio. Non è un caso che tutto lo speculare intorno al premier sia uno speculare sul calendario: le riforme da fare in un anno, il semestre bianco, la fine della legislatura nel 2023…  Da sempre la storia è scandita da giorni. Sei sono serviti a creare il mondo. Dieci, in Russia, lo sconvolsero. Quelli che realmente possono raccontare Draghi, non sono i suoi primi cento, ma questi (mi raccomando) “entro” quindici.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio