Recovery, ultimo atto

Così il piano assunzioni di Brunetta manda in fibrillazione il governo

Valerio Valentini

Il Mef e Palazzo Chigi  limano il decreto "Reclutamento". Ecco i dettagli: un database unico e concorsi online. L'ansia del titolare della Pa, la cautela di Draghi. E la gazzarra tra ministeri per accaparrarsi il personale. Il Cdm di domani ora è a rischio

Se alla fine, come pare, lo slittamento dovesse arrivare, nessuno si dannerebbe l’anima. Anzi, i tecnici di Palazzo Chigi forse lo auspicano perfino, un supplemento di analisi sul decreto “Reclutamento”, l’ultimo tra i  provvedimenti propedeutici al Pnrr rimasto da approvare. Un paio di giorni almeno, forse quattro: un ritardo che sarebbe funzionale a sciogliere le ultime incertezze e a scongiurare le tensioni politiche che da quelle potrebbero derivare, tribolando quel Cdm che era previsto per domani e che, appunto, potrebbe adesso essere rimandato all’inizio della prossima settimana. Semmai l’unico che vorrebbe stringerli, i tempi, è proprio lui. Quel Renato Brunetta che già la scorsa settimana ha pressato non poco il sottosegretario Roberto Garofoli perché mettesse a verbale che il decreto in gestazione al ministero della Pubblica amministrazione, seppure approvato in un secondo tempo rispetto alla governance e alle semplificazioni, andava inteso come componente essenziale dello stesso disegno di riforma. E per questo ora Brunetta, mosso da uno zelo per certi versi commovente che lo ha portato perfino a chiedere a Mario Draghi di proibire le vacanze ai membri del suo esecutivo (“Altro che spiagge e ombrelloni, presidente, qui stiamo trasformando l’Italia”), vuole a ogni costo rispettare la tabella di marcia. 

 

Un entusiasmo travolgente. Se non fosse, però, che ora la fretta rischia di creare qualche problema. Perché, nelle riunioni in corso tra Mef e Palazzo Chigi, si sta ancora lavorando per migliorare il testo. Alla base della revisione c’è soprattutto un’ansia condivisa anche da Draghi: fare in modo che il decreto “Reclutamento” non si risolva in un piano di assunzioni straordinarie, ma metta piuttosto le amministrazioni pubbliche nelle condizioni di poter assumere laddove questo risulti necessario all’esecuzione del Pnrr. Uno scrupolo che vale a frenare gli appetiti di ministeri ed enti locali, desiderosi di sapere fin d’ora quanto personale potessero assumere. In realtà, le assunzioni saranno solo a tempo determinato e serviranno a rafforzare le strutture preposte all’attuazione dei progetti, in linea con la logica del Recovery: tutti i 248 miliardi del Piano dovranno essere utilizzati  entro il 2026, e sarebbe dunque impossibile ricorrervi per finanziare spese strutturali. Per questo, nel testo, si è infine evitato di indicare preventivamente delle stime esatte sul personale da arruolare, e si introdurranno invece  dei parametri stringenti per vincolare le assunzioni alle specifiche esigenze del piano. Verrà creato un database che nello staff di Brunetta stimano di “almeno 600 mila profili”, in cui verranno inclusi  gli iscritti agli ordini professionali più richiesti e a cui ci si potrà iscrivere certificando le proprie competenze: e sarà da lì che la Pa potrà attingere a seconda delle esigenze, con procedure di selezione “rapide, digitalizzate e trasparenti”, secondo il mantra scandito dal ministro azzurro.

 

L’altro problema da risolvere ha a che vedere con la necessità, segnalata dagli uffici del Mef, di limitare al massimo il ricorso alla stabilizzazione di esperti esterni alla Pa e alla chiamata diretta nelle task force che verranno installate nelle società pubbliche deputate ad affiancare ministeri ed enti locali nell’attuazione del Pnrr. L’imperativo, anche qui, è  debellare il vezzo dell’assumificio, tipico di tante amministrazioni centrali e periferiche.

 

Un istinto, quest’ultimo, che potrebbe in verità concentrarsi anche sulla governance del Pnrr, di cui il decreto elaborato da Brunetta è un imprescindibile complemento. Perché le centinaia di esperti che dovranno rafforzare le task force locali e centrali andranno smistate, su indicazione del Mef, nelle varie strutture pubbliche. E il rischio che si vuole evitare è di ritrovarsi in Cdm ad azzuffarsi per la spartizione dei tecnici, con ciascun ministero a reclamare la sua quota maggiorata di reclutamenti. E anche per questo, se all’alba di domani si dovesse decidere di rimandare di qualche giorno l’approvazione del decreto, nessuno ne farà un dramma. C’è solo da convincere Brunetta, che scalpita. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.