la riforma

La rivincita di Brunetta: stavolta la Pa può cambiare davvero, al di là del Recovery

Valerio Valentini

Cdm con qualche tensione, poi il via libera al dl "Reclutamento". Il piano assunzioni per il Pnrr e le svolte su merito e valutazioni interne: così la riforma può produrre effetti strutturali. Il ministro azzurro, dieci anni dopo, ottiene il suo riscatto

Dicono che in fondo Mario Draghi proprio per questo, oltreché per una stima personale, lo abbia scelto: perché conosceva bene la macchina e le insidie incombenti sul capo di chi osasse cambiarla. “Renato, ho bisogno di gente affidabile”. E Brunetta subito sull’attenti, a riprendere quello stesso lavoro che aveva lasciato in sospeso quasi dieci anni prima. E così ieri, quando ormai le divergenze politiche che gravitavano intorno al “suo” decreto s’andavano risolvendo in vista del Cdm, il ministro azzurro, che non ha rinunciato neppure al suo intervento al Festival dell’economia di Trento, s’è lasciato andare a un sospiro: “Ce l’abbiamo fatta”.

 

Segno che forse neppure lui, Brunetta, dava per scontato l’esito della missione.  Riformare la Pa, del resto: roba da visionari, di quelli da aggiungere alla lista stilata a suo tempo da  Andreotti, insieme a quelli che vogliono risanare le Ferrovie e quelli che si credono Napoleone. Brunetta infatti ci s’era già scottato, con la materia, nell’ultimo governo Berlusconi, prima che tutto precipitasse verso la crisi dello spread. E certo, mentre la meta finalmente s’avvicinava, nei giorni scorsi Brunetta andava ripetendo che “sono i tempi più maturi, e la concordia nel segno di Draghi aiuta, per cui io non sono più considerato l’eretico”. Ma andrà pure notato come stavolta abbia condotto in porto, lavorando in sordina e scansando ogni polemica, quel che dieci anni fa si propose di raggiungere guerreggiando contro il sindacato, con tanto di tornelli all’ingresso degli uffici pubblici.

 

E così si è arrivati, ieri, a un provvedimento che ha due componenti. La prima riguarda  più direttamente l’attuazione del Pnrr, in nome della quale si procederà a un piano straordinario di assunzioni a tempo determinato non solo attraverso un bando straordinario come quello ideato per il Piano Sud. Ci saranno anche delle chiamate dirette per degli esperti esterni alla Pa, che però – onde evitare procedure poco trasparenti – avverranno tramite una piattaforma su cui andranno registrati i profili di oltre 600 mila professionisti. Un altro portale, poi, sarà dedicato alle “alte specializzazioni”, ovvero a laureati dotati di dottorato di ricerca o con almeno due anni di esperienza in organismi internazionali qualificati: è da qui che si recluterà la meglio gioventù del Recovery.

 

E poi c’è l’altro corno della riforma: quello su “valorizzazione del personale e   riconoscimento del merito”, previsto anch’esso nel Pnrr e che però sul funzionamento della macchina pubblica è destinato a lasciare un’eredità che va oltre il 2026. E qui si tratta di piccole, ma significative, rivoluzioni copernicane  (in attesa, ovviamente, dei decreti attuativi). Perché sull’assunzione dei funzionari, si riduce al 50 per cento la quota di “accessi esterni”: per il resto, si procederà con la promozione di personale interno  in virtù delle  competenze manageriali e gestionali maturate sul campo  (ferma restando la necessità dei titoli richiesti per l’accesso all’area). Un cambiamento non da poco, in un paese che investe appena 48 euro all’anno per la formazione di ciascun suo dipendente pubblico.

 

Quanto agli incarichi dirigenziali, almeno la metà andranno banditi dalla Scuola nazionale di amministrazione (che nelle intenzioni di Brunetta andrà finanziata e potenziata a dovere, nei prossimi anni). E un processo simile avverrà anche per i dirigenti di prima fascia, che anche in questo caso andranno scelti almeno per metà tramite concorsi o selezioni riservate agli esterni. Si tratta, in questo caso, di un ritorno al futuro: nel senso che questo provvedimento, pensato per limitare il peso della cooptazione interna agli apici dell’amministrazione, Brunetta lo aveva introdotto già nella sua riforma del 2009. Ma sopravvisse ben poco oltre la durata di quel governo. E anche questo, per il ministro, ora deve apparire un piccolo riscatto.
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.