Indagine sul miracolo di Salvini
Il suo fregolismo d’élite è meglio del vecchio populismo straccione
Draghi ha rivoluzionato il governo del paese perché il governo è Giovannini, Cingolani, Colao e Franco, una garanzia per lo spendere bene e per il fare; perché la maggioranza è un’affollata combriccola parlamentare di servizio, e “l’intendance suivra”; infine perché con il suo arrivo si è manifestato un fenomeno che è la destra rampante, la sinistra arrancante, i grillini calanti, anzi allo stremo.
Un noto proverbio abruzzese dice che “come te fai lu liette così ti c’accucci”. Il letto del centrosinistra, per essere gentili con i rimasugli dei grillini compresi nel prezzo, è fatto di incremento della litigiosità, diverbi notarili, corrosione della leadership ovunque se ne avanzi anche la minima pretesa, scemenze pikettiane, sfortunati cacciavite, tasse, diritti civili e l’idea pazzotica di rendere protocollare “Bella ciao”, una bella canzone che andrebbe affidata al vento e alle vibrazioni popolari libere. Poi c’è il centro propulsore liberale, vabbè, non ne parliamo nemmeno. C’è poco da recriminare, pubblico e consenso sono garantiti, almeno a “Propaganda live”. Non è sicuro che basti.
Il fattore di gran lunga nuovo e dirimente è la destra rampante. Come sia stato possibile non si sa bene. Fatto sta che lo scampato del Papeete e del governo populista del 2018, epoca torbida e minacciosa, si è infiltrato e trasfigurato, e con buon successo, almeno per ora. Fregoli, trasformista delle scene, è la nuova divinità. Salvini ha Giorgetti, il ministro più draghiano dei draghiani, un aggiunto alla quadriglia dei tecnici onnipossenti. Ha consiglieri che Draghi lo volevano carcerare, letteralmente. I residui della prosopopea devozionale con la Madonna di Fatima si sposano con la retorica della giustizia giusta e dei referendum radicali, un approdo curioso per chi aveva messo in scena la giustizia esornativa, caciarona e propagandisticamente belluina con l’accoglienza in divisa del terrorista Battisti. In Europa sta per giocare la carta “popolare” con l’annessione dolce di Berlusconi, ma non rinuncia a frequentazioni assidue del bordello estremista e illiberale.
Salvini è ovunque, fa capolino perfino nel dossier sindacale del blocco dei licenziamenti, sblocca e blocca come piace a lui, con il consenso di Letta Jr. che lo ha trovato “un uomo vero”. I contatti con il premier sono autorevoli e ripetuti, sarà la guida di uno schieramento competitivo ma è in grado di funzionare come un portavoce della stabilizzazione e dell’unità nazionale. Non ha dovuto sacrificare all’eurotendenza, che sembrava per la verità in contrasto con il neopopulismo, assolutamente nulla. Il letto di Salvini è una nuova trasversalità ballerina, chi glielo abbia fatto non è chiarissimo, sicuro è che sarà lui a accucciarsi in una situazione che adesso appare confortevole.
In un certo senso, pace. Alla fine l’abilità conta, come contano le disutilità degli avversari. Un profilo di governo e di parte, se ordinariamente legittimato dagli elettori, è certo meglio dell’avventura forcaiola e xenofoba che aveva portato l’Italia della sparatoria di Macerata e dell’assalto ai barconi ai limiti del collasso democratico con un ministro dell’Interno fanfarone e iperattivistico su spiagge inondate di mojito. In fondo c’è motivo di essere ottimisti, il fregolismo d’élite è meglio del populismo straccione. Ma di certi miracoli della politica sarebbe bene farsi per tempo un’opinione e cercare le vere cause.