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Indagine sul miracolo di Salvini

Giuliano Ferrara

Il suo fregolismo d’élite è meglio del vecchio populismo straccione

Draghi ha rivoluzionato il governo del paese perché il governo è Giovannini, Cingolani, Colao e Franco, una garanzia per lo spendere bene e per il fare; perché la maggioranza è un’affollata combriccola parlamentare di servizio, e “l’intendance suivra”; infine perché con il suo arrivo si è manifestato un fenomeno che è la destra rampante, la sinistra arrancante, i grillini calanti, anzi allo stremo.

Un noto proverbio abruzzese dice che “come te fai lu liette così ti c’accucci”. Il letto del centrosinistra, per essere gentili con i rimasugli dei grillini compresi nel prezzo, è fatto di incremento della litigiosità, diverbi notarili, corrosione della leadership ovunque se ne avanzi anche la minima pretesa, scemenze pikettiane, sfortunati cacciavite, tasse, diritti civili e l’idea pazzotica di rendere protocollare “Bella ciao”, una bella canzone che andrebbe affidata al vento e alle vibrazioni popolari libere. Poi c’è il centro propulsore liberale, vabbè, non ne parliamo nemmeno. C’è poco da recriminare, pubblico e consenso sono garantiti, almeno a “Propaganda live”. Non è sicuro che basti.

Il fattore di gran lunga nuovo e dirimente è la destra rampante. Come sia stato possibile non si sa bene. Fatto sta che lo scampato del Papeete e del governo populista del 2018, epoca torbida e minacciosa, si è infiltrato e trasfigurato, e con buon successo, almeno per ora. Fregoli, trasformista delle scene, è la nuova divinità. Salvini ha Giorgetti, il ministro più draghiano dei draghiani, un aggiunto alla quadriglia dei tecnici onnipossenti. Ha consiglieri che Draghi lo volevano carcerare, letteralmente. I residui della prosopopea devozionale con la Madonna di Fatima si sposano con la retorica della giustizia giusta e dei referendum radicali, un approdo curioso per chi aveva messo in scena la giustizia esornativa, caciarona e propagandisticamente belluina con l’accoglienza in divisa del terrorista Battisti. In Europa sta per giocare la carta “popolare” con l’annessione dolce di Berlusconi, ma non rinuncia a frequentazioni assidue del bordello estremista e illiberale.

Salvini è ovunque, fa capolino perfino nel dossier sindacale del blocco dei licenziamenti, sblocca e blocca come piace a lui, con il consenso di Letta Jr. che lo ha trovato “un uomo vero”. I contatti con il premier sono autorevoli e ripetuti, sarà la guida di uno schieramento competitivo ma è in grado di funzionare come un portavoce della stabilizzazione e dell’unità nazionale. Non ha dovuto sacrificare all’eurotendenza, che sembrava per la verità in contrasto con il neopopulismo, assolutamente nulla. Il letto di Salvini è una nuova trasversalità ballerina, chi glielo abbia fatto non è chiarissimo, sicuro è che sarà lui a accucciarsi in una situazione che adesso appare confortevole.

In un certo senso, pace. Alla fine l’abilità conta, come contano le disutilità degli avversari. Un profilo di governo e di parte, se ordinariamente legittimato dagli elettori, è certo meglio dell’avventura forcaiola e xenofoba che aveva portato l’Italia della sparatoria di Macerata e dell’assalto ai barconi ai limiti del collasso democratico con un ministro dell’Interno fanfarone e iperattivistico su spiagge inondate di mojito. In fondo c’è motivo di essere ottimisti, il fregolismo d’élite è meglio del populismo straccione. Ma di certi miracoli della politica sarebbe bene farsi per tempo un’opinione e cercare le vere cause.
 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.