Il colloquio
Nardella: "Federazione? Facciamola anche noi: da Forza Italia a Leu"
"Credo sia un'ottima occasione che hanno le forze europeiste e democratiche per dare vita a un nuovo centrosinistra, guidato dal Pd. Il modello resta l'Ulivo. Renzi e Calenda? Se il progetto è attrattivo faranno la loro parte". Parla il sindaco di Firenze
Dovessimo tracciare una riga tra chi a sinistra ha accolto con dileggio la proposta salviniana di una federazione con Berlusconi, e chi al contrario l'ha letta come un invito a ripensare se stessi, non avremmo dubbi su dove collocare Dario Nardella. “Credo che sia un'ottima occasione che hanno le forze europeiste e democratiche per dare vita a un nuovo centrosinistra. Un'alleanza costruita non su formule chimiche astratte, ma su tre priorità: Europa, lavoro e riforme”. Una contro federazione? “Rifiuto il termine, perché non deve nascere in opposizione a Salvini, come mera operazione tattica o somma di figurine dei ceti politici. Sarebbe un errore esiziale”, argomenta in questo colloquio con il Foglio il sindaco di Firenze. Cerchiamo di essere più precisi. Di quale perimetro partitico stiamo parlando? “Immagino un'alleanza larga, che vada da Forza Italia a Leu, passando ovviamente da tutti i soggetti moderati: Renzi, Calenda, ma anche il nuovo progetto 'Coraggio Italia' lanciato da Toti e Brugnaro. E chiaramente i Cinque stelle, o come si chiamerà in futuro il soggetto guidato da Conte e Di Maio, sganciato dalle pulsioni più anti sistema. Una federazione di cui il Pd ambisca a essere la guida, un partito centrale ma non centrista. Penso si possa trarre spunto dalla bellissima esperienza dell'Ulivo di 25 anni fa, che nacque non dal Palazzo ma dai territori”.
E però questo orizzonte come dovrebbe conciliarsi con la segreteria Letta, che a furia di parlare di ius soli, tasse di successione, elogiare Piketty, sta spostando la linea del partito sempre più a sinistra? “Credo che per la vocazione riformista del Pd la storia e i valori di Enrico Letta siano una garanzia. E' chiaro che la nostra cifra identitaria devono essere il lavoro, lo sviluppo e non solo le battaglie sui diritti civili, che restano sacrosante. Ma penso anche che il segretario stia dimostrando, soprattutto in quest'ultima fase, un'apertura su tutta una serie di temi come la detassazione per giovani e donne, le riforme della pubblica amministrazione e della giustizia, che consideriamo prioritarie”.
Certo, senza un interlocuzione credibile con Renzi e Calenda qualsiasi discorso unitario resta proibitivo, anche solo sulla carta. Vuole lanciare un appello? “Non credo sia necessario. Se il progetto sarà valido e sufficientemente attrattivo tutte le forze che si riconoscono nei valori della Costituzione vorranno dare il loro contributo”, sottolinea il sindaco. C'è chi auspicava per il Pd addirittura una fusione con i Cinque stelle. E invece questo nuovo progetto politico, secondo Nardella, dovrebbe servire anche a “sgombrare il campo da ipotesi di fusione a freddo col M5s, che tanto a lungo sono state avanzate in questi mesi da alcuni miei compagni di partito”. Che tipo di influenza potrà avere la variabile Draghi in un disegno di questo tipo? “Vedo solo aspetti positivi – rimarca il dem –, perché per nascere e crescere la federazione avrebbe bisogno di stabilità istituzionale, ampiamente garantita dal premier”. Le rubiamo un'ultima battuta sul ruolo dei sindaci, costretti a subire avvisi di garanzia per inezie, com'è successo alla sindaca di Crema. Sfilerà con i suoi colleghi sotto Palazzo Chigi per chiedere garanzie? “Ci sarò senz'altro. Noi sindaci siamo diventati i parafulmini della nazione. Le attuali norme in materia di giustizia, di responsabilità penale e amministrativa, stanno rivelando un modello spaventoso. Non abbiamo paura ma siamo stanchi di ricevere pacche sulle spalle. Se cadono i sindaci cade il paese”.