editoriali
Salvare Roma col modello Apple Store
Il rilancio delle città in crisi passa dal business. Indizi per i candidati
Basta pensare a come vedevano Roma i grandi Cesari e i papi: non avrebbero mai costruito le piramidi perché non erano di pubblica utilità, costruivano ponti, strade, acquedotti, anfiteatri per il benessere dei cittadini…”. Enrico Michetti, candidato meloniano a sindaco di Roma, si immagina erede di Ottaviano Augusto, Marco Aurelio e Paolo V, forse in stile radio di ultras che inalberano all’Olimpico le insegne delle legioni romane. Senza esser malevoli è davvero sicuro l’avvocato che quei monumenti fossero tutti di pubblica utilità e non anche per celebrare i fasti di Cesari e papi? Ponti, acquedotti e magari anfiteatri non si discutono, ma anche lasciando perdere la Domus Aurea neroniana che dire dei mausolei (tra i quali quelli splendidi proprio di Augusto e Adriano), di colonne e archi di trionfo, degli obelischi?
Lasciamo che sia Alberto Angela a spiegarne gli aspetti didattici e celebrativi e speriamo che Michetti riesca a capire di che ha bisogno la Roma di oggi e dell’immediato domani. A parte l’ovvia questione dei rifiuti, del traffico e del disboscamento della macchina amministrativa capitolina (serbatoio elettorale sul quale il candidato non dice una parola), serve di più l’apertura dell’Apple Store contro il degrado a due passi da Palazzo Chigi, sono più utili hotel di superlusso come il Bulgari per riportare turismo di alto bordo e clientela business, occorrono restauri privati come per l’Augusteo, Trinità dei Monti, il Colosseo. Il rilancio di Londra è iniziato con i grattacieli nelle ex aree dei Docks e sul South Side del Tamigi. Quello di Milano con l’Expo e Citylife: qui un’occhiata all’abbandono di via Veneto, no? La rinascita di Parigi con il Beaubourg e la Defénse, e le metropolitane veloci, non evocando Versailles.
Michetti vuole “una città della Pubblica amministrazione con il front office dei ministeri per evitare che i cittadini facciano il giro delle sette chiese”. Ma le pratiche non si sbrigano più nei fori imperiali come duemila anni fa: bisogna digitalizzare l’amministrazione, e senza mezzi pubblici avremo una specie di Brasilia per impiegati.