Il premier a Berlino
Macron e Merkel con Draghi: un primo accordo sui migranti
Il premier smuove (un po’) la cancelliera. Italia, Francia e Germania pronte a ripartizioni paritarie dei salvati in mare. Le intese con Tunisia e Libia
Che si tratti davvero di una svolta epocale, sono in pochi ad avere l’ardire di sostenerlo. Anche a Palazzo Chigi, dove del resto sono consapevoli che, al di là della solita cautela tedesca sul tema dell’immigrazione, stavolta anche il fattore tempo gioca contro l’Italia. Perché Mario Draghi sa che deve ottenerlo subito, un cambio di rotta sulla gestione dei flussi, proprio per fronteggiare il consueto esodo estivo; ma a ridosso delle elezioni di settembre, con la Cdu braccata a destra da AfD, di leader disposti a fare concessioni sulla tenuta dei confini, a Berlino, non se ne trovano molti. E però, se ai suoi collaboratori il premier ha confidato che l’incontro con Angela Merkel è andato “un po’ meglio del previsto”, è perché su almeno due aspetti è convinto di aver incassato dalla cancelliera il sostegno che sperava in vista del Consiglio europeo di giovedì.
Da un lato c’è infatti un accordo sul ricollocamento dei migranti salvati in mare. L’Italia ha ottenuto che, insieme a Francia e Germania, siano questi tre i paesi che, con quote paritarie del 30 per cento ciascuno, si sobbarchino il peso della redistribuzione, col dieci per cento restante suddiviso tra i vari paesi “volenterosi” (Lussemburgo, Irlanda, Romania). Un’intesa a cui da tempo lavora, del resto, anche Luciana Lamorgese, che con Draghi si è sentita anche a ridosso del suo viaggio in Germania, e che col suo consigliere Andrea Tiriticco ha allestito il dossier con contatti costanti con le controparti di Parigi e Berlino. Che ovviamente sanno, però, cosa chiedere in cambio: e la franchezza della chiacchierata che la Lamorgese ha avuto col suo omologo francese Gérald Darmanin a margine del Consiglio europeo a inizio giugno, una mezz’ora di colloquio assai accaldato, dimostra quanto la mediazione resti scivolosa. Macron e Merkel vogliono da Draghi un maggior controllo sui movimenti secondari e, soprattutto per quel che riguarda la Germania, l’impegno da parte dell’Italia a riaccogliere sul proprio territorio tutti i cosiddetti “dublinanti” in attesa di riestradizione per via della pandemia.
Poi c’è la questione relativa agli aiuti da offrire ai paesi del Nordafrica per incentivare il controllo dei flussi. Ma non è al modello turco, a quell’accordo del 2016 che andrà rinnovato al costo di almeno 5 miliardi, che bisogna ispirarsi, come ben sa quel Luigi Mattiolo che proprio a Berlino ha diretto la nostra diplomazia prima di essere scelto da Draghi come consigliere diplomatico. Si punta semmai ad accordi di partenariato commerciale coi paesi della sponda sud del Mediterraneo. Per la Tunisia, provata da una grave crisi economica, l’offerta riguarderebbe per lo più intese bilaterali per lo scambio di beni e servizi e la garanzia di quote di mercato europeo riservate ai prodotti locali, a partire dall’olio. Anche di questo parlerà con Draghi il premier tunisino Hichem Mechichi, che a cavallo tra giugno e luglio ha fissato una visita a Roma. Neppure con la Libia è percorribile la via dei finanziamenti diretti, tanto più prima delle elezioni del dicembre prossimo. Qui si punta piuttosto a investimenti europei che possano garantire piani occupazionali e relativo consenso al premier Abdelhamid Dabaiba, con cui sono già stati stipulati dei patti per avviare dei corridoi umanitari costanti (i primi cinquecento libici a beneficiarne arriveranno in Europa nei prossimi giorni).
La Merkel potrebbe semmai porsi come modello su un altro aspetto: quello della ricerca di immigrazione qualificata. Un tentativo, cioè, di rendere strutturali le relazioni tra gli stati europei e le rispettive ambasciate nei paesi di partenza, non solo africani, per coordinare i flussi con le esigenze del mercato del lavoro. Non a caso Merkel e Draghi hanno parlato di un progetto che mira a creare delle scuole di specializzazione professionale nelle capitali degli stati in cui vige la politica comunitaria di vicinato. Prospettive future, certo. Solo che l’estate è adesso. E a Draghi, un’intesa serve entro questa settimana.