la tavola rotonda (virtuale)
D'Alema spiazza Di Maio e Bettini: "Perché sanzioni a Putin, ma non a Israele?"
L'ideologo del BisConte sul conflitto israelo-palestinese insieme all'ex premier e il ministro degli Esteri. Che ringrazia: "Molti dei qui presenti sono miei angeli custodi a livello politico". L'intralcio della Cina e le provocazioni del Lìder Massimo
Un paio d'ore di un venerdì d'inizio estate. Giusto il tempo di mettere a fuoco i grandi temi della politica internazionale. E cercare, ove possibile, di imprimere un indirizzo, dare un linea, ricercare soluzioni di ampio respiro. "Senza la pretesa di sostituirsi ad alcunché". L'aveva pensato almeno in parte così l'incontro di oggi sui "grandi mutamenti internazionali e il conflitto tra Israele e Palestina", Goffredo Bettini, l'ideologo del BisConte, che con la sua area politico culturale "Campo Democratico Socialismo e Cristianesimo" ha chiamato a raccolta attorno a una tavola rotonda (virtuale) il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l'ex presidente del Consiglio ed ex titolare alla Farnesina Massimo D'Alema. Tra i partecipanti all'incontro moderato da Lucia Annunziata, anche l'ex ministro della Difesa Roberta Pinotti, il presidente di Fincantieri e diplomatico di lungo corso Giampiero Massolo e l'esperto di Medio oriente Fabio Nicolucci.
I punti salienti? Bettini prende la parola e ringrazia il ministro Di Maio per aver accettato l'invito (presenzierà una ventina di minuti, il tempo di parlare e scollegarsi per andare a Lubiana "a festeggiare i 30 anni dall'indipendenza della Slovenia"). E però è anche l'occasione che l'ascoltatissimo consigliere politico di Nicola Zingaretti, tra i massimi teorici della caduta del governo Conte per mano di un complotto internazionale, usa per marcare la nuova ventata di atlantismo, dopo che la vittoria di Biden "ha spinto l'America a superare l'isolazionismo di Trump. Ha rimesso al centro una sfida democratica a tutti i paesi che non appartengono all'Occidente". O per lanciarsi in un obliquo ragionamento sulle dinamiche del capitalismo, per cui "in Cina è sempre più difficile capire se è il comunismo a usare i meccanismi del capitalismo. O se viceversa è il turbo capitalismo che adopera il comunismo per sfruttare tutte le sue potenzialità".
La parola passa a Di Maio, che ha meno voglia di spaziare tra argomenti così vasti. Sulla questione palestinese rimprovera all'Ue di non aver saputo giocare un ruolo da protagonista. "Anche nei giorni della massima violenza, non siamo riusciti a firmare uno statement condiviso dai 27 paesi. Abbiamo visto una maggior presenza dell'amministrazione Biden, però dobbiamo contemporaneamente rigenerare l'attivismo dell'Unione europea che in questo momento su questo dossier è ai minimi termini". Cita il quartetto internazionale, gli accordi di Madrid, Shimon Peres e la sua visione "che dovremmo tradurre in realtà rievocandola". A un certo punto parla del Libano e nemmeno per un secondo dà l'impressione di confonderlo con la Libia. Quanto tempo è passato da quella gaffe? Sembrano ere geologiche.
Il ministro che Bettini ha avuto già modo di lodare per il suo lavoro "svolto con grande vigore e competenza" abbandona, e allora si aspetta il turno di D'Alema. Che parla per ultimo, "dieci minuti al massimo perché poi abbiamo tutti delle altre cose da fare". Incipit: "Cercherò di essere provocatoriamente breve, perché quello che dirò potrà risultare spiazzante". Almeno quanto quello che ha detto a proposito del Partito comunista cinese, verrebbe da suggerire. Svolgimento: parlare di due popoli due stati non ha più senso, "tanto vale prendere atto dell'impotenza della Comunità internazionale"; l'avanzata dell'islamismo e le primavere arabe hanno stravolto il medio oriente. "Al punto che la grande contraddizione di oggi è che tra i massimi difensori di Israele c'è l'Ungheria di Orbàn e le varie destre europee, che un tempo si sarebbero ricollegate a radici antisemite". In definitiva, la prospettiva dei "due stati comporterebbe un tale esercizio di autorità della comunità internazionale nei confronti di Israele. E siccome non è in grado di farlo, è inutile parlare di utopie. Non c'è nessuna autorità che dica a Israele di ritirarsi dietro i confini del 1967. Questo doppio standard indebolisce l'idea di una politica internazionale basata sul primato dei principi e dei diritti. Non si possono erogare sanzioni per la Crimea e festeggiare l'annessione di Gerusalemme". Non c'è Di Maio ad avanzare obiezioni. Anche se prima di salutare, per fissare meglio il nuovo quadretto diplomatico che lo consegna con Bettini & D'Alema al ruolo di padre nobile della Repubblica, il ministro ha fatto in tempo a dire che "molti dei qui presenti li considero un po' gli angeli custodi della mia esperienza politica".