Qualcuno la ricorda?

Lamento veneto leghista per l'autonomia

Era un'istanza bandiera, ma i suoi fautori faticano a portarla all'attenzione dei governi (da Conte a Draghi)

Marianna Rizzini

"Noi continuiamo ad andare avanti…la nostra richiesta resta forte come prima", ha detto il governatore veneto Luca Zaia dopo l'incontro con il presidente Sergio Mattarella e con il leader della Lega Matteo Salvini, come a voler rimarcare l'importanza di ciò che al momento non è priorità. L'attivismo in Parlamento di Massimo Bitonci, i commenti sconsolati di Erika Stefani

C’era una volta l’autonomia: in altri tempi la sola parola avrebbe evocato campagne elettorali leghiste tutte giocate sull’urgenza separatista, per non dire del referendum con cui Lombardia e Veneto, nel 2017, hanno ottenuto la possibilità di avviare il processo per ottenere più competenze da Roma, previa trattativa. Molte speranze, avevano, gli abitanti della Serenissima, di arrivare addirittura allo statuto speciale. Figurarsi con l’avvento del Conte I gialloverde, nel 2018 (solo che poi si litigava tra Lega e Cinque stelle). Né il Conte II rossogiallo aveva dato soddisfazione al governatore veneto Luca Zaia, che continuava a chiedere senza ottenere risposte concrete.

 

Con l’avvento del governo Draghi, poi, i fan dell’autonomia non hanno gioito a leggere la lista dei sottosegretari (neanche un veneto, anche se sono veneti alcuni ministri). E insomma si è arrivati a giovedì, giorno in cui Zaia, in seno alla Conferenza delle Regioni, ha incontrato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e, a margine, anche il leader della lega Matteo Salvini. E, per due volte nello stesso giorno, il governatore ha usato parole per così dire promemoria: “Con il presidente Mattarella è andata bene come sempre, sono stati toccati i temi importanti che ci interessano, anche quelli dell’autonomia differenziata e dell’articolo 116. Per quanto riguarda il Veneto, vi dico che noi sul fronte dell’autonomia continuiamo ad andare avanti”. I dem dopo aver visto Salvini: “La nostra richiesta di autonomia resta forte come prima”. Della serie: qualcuno se la ricorda, l’autonomia?

 

Pare infatti che tra i gruppi parlamentari leghisti, e presso gli amministratori locali veneti, serpeggi una certa insofferenza e un certo malcontento, con cahiers de doléances destinati agli ambienti governativi, dove però, finora, le priorità sono state altre. E ci sono deputati e senatori veneti che, non fosse per Nicola Molteni, sottosegretario leghista all’Interno e parafulmine delle rimostranze, si sentono insoddisfatti e portatori di istanze finite nell’oblìo. Non per niente sempre Zaia, tempo fa, aveva lodato il comico Maurizio Crozza per la sua imitazione: “Ci ha permesso di tenere il Veneto in prima fila”.

 

Di insofferenza in insofferenza, gli amministratori locali veneti fanno giungere il proprio rammarico per la causa tenuta nel cassetto al deputato leghista padovano Massimo Bitonci che, già scontento per la gestione precedente (governo Conte II, con Francesco Boccia ministro delle Autonomie), ha lottato in Commissione Bilancio per fare sì che la risoluzione sul Pnrr non dimenticasse il tema, con la speranza di arrivare all’approvazione di una legge delega per la completa attuazione dell’art. 116 della Costituzione (cavallo di battaglia del referendum del 2017) e per inserire un meccanismo premiante per le Regioni virtuose nelle spendere le risorse europee.

 

E molto si fa sentire, dal Veneto, il vicesegretario federale leghista Lorenzo Fontana che nel 2020, sotto il governo Conte bis, ancora si mostrava speranzoso (“l’autonomia è un aspetto imprescindibile e prioritario che, dovendo passare da Roma, necessita di un accordo a livello nazionale tra tutti i partiti di centrodestra. Siamo quindi soddisfatti di aver convinto, su questo punto, anche gli altri partiti”, diceva). Ma oggi chissà.

 

Meno ottimista già un anno fa l’attuale ministro per le Disabilità ed ex ministro per le Autonomie Erika Stefani: “Così si ignora la voce del popolo. La mia impressione è che si vogliano allungare i tempi per mandare l’autonomia in soffitta”. E pensare che l’ex ministro Boccia, dal Pd, aveva persino detto “vedrete che farò io ciò che non è riuscita a fare la leghista Stefani”, anche sconcertata, allora, per l’atteggiamento dei Cinque stelle (“non pervenuto”). Speravano nel cambio di governo, gli autonomisti lamentosi per la mancata autonomia. Ma non sono giorni d’oro per la grandeur da Padania felix. 
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.