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Il terremoto nei 5s rischia di lasciare il Pd senza alleati per il Colle
Le tensioni fra Conte e Grillo preoccupano il Pd per un solo motivo: il dopo Mattarella
Le fibrillazioni del Movimento 5 stelle, che proseguiranno comunque andrà a finire il braccio di ferro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, preoccupano il segretario del Partito democratico Enrico Letta. Ma i timori del leader del Pd, nonostante quel che è stato detto in questi giorni, non riguardano le alleanze messe in campo per le prossime elezioni amministrative e per le regionali della Calabria.
Letta infatti non teme che i pentastellati possano a un certo punto tirarsi indietro rispetto alle intese già prese, anche perché quegli accordi sono stati stipulati sul territorio, quindi qualsiasi terremoto grillino non li potrà modificare. E il segretario del Pd non teme neanche che la prospettiva di un’alleanza alle politiche del 2023 possa essere vanificata. Nonostante i tentativi che lui stesso aveva in animo di mettere in atto, Letta è convinto che difficilmente si riuscirà a cambiare la legge elettorale. Metà del suo partito è sul proporzionale, sistema che piace ai 5 stelle e non dispiace a Forza Italia, che però non vuole spaccare il centrodestra su questo, dal momento che sia Matteo Salvini sia Giorgia Meloni sono per il maggioritario. Insomma, pensano al Nazareno, la legge elettorale difficilmente verrà cambiata e l’attuale sistema facilita la strada di un’alleanza con il Movimento.
Dunque, non sono le amministrative e nemmeno le politiche a impensierire il leader del Partito democratico. Che cosa, allora, teme Letta? Il successore di Nicola Zingaretti è preoccupato per le ripercussioni che le fibrillazioni grilline (che ovviamente continueranno anche se Conte dovesse prendere saldamente in mano la guida del M5s) potrebbero avere sull’elezione del presidente della Repubblica. Il segretario del Pd sa bene che quello sarà un passaggio importante perché condizionerà i prossimi anni e la prossima legislatura. Tant’è vero che uno dei motivi che potrebbero spingerlo ad accettare l’offerta fattagli dal Pd toscano, di presentarsi alle suppletive di Siena, è proprio il fatto di essere presente in Parlamento quando si tratterà di aprire i giochi per la successione a Sergio Mattarella. In questo modo Letta potrà controllare meglio anche i suoi gruppi, dove è ancora preponderante la presenza degli esponenti di Base riformista, la corrente dem di Luca Lotti e Lorenzo Guerini. Non avere un interlocutore affidabile per la partita del Quirinale, che Letta vorrebbe giocare senza Lega e Fratelli d’Italia, ma con gli azzurri di Silvio Berlusconi, rappresenta quindi un bel problema. Ed è di questo, negli ultimi giorni, che si discute, con un filo d’ansia e qualcosina di più, nelle stanze che contano al Nazareno.
Le divisioni nel Movimento 5 stelle non sembrano invece preoccupare lo stato maggiore del Partito democratico sul fronte della legge Zan. Al Nazareno sanno bene che in caso di voti segreti alcuni grillini potrebbero scartare dall’accordo preso per mandare in porto questo provvedimento. Ma sono a conoscenza anche del fatto che più di un senatore dem potrebbe votare, con lo scrutinio segreto, in difformità dalla linea del partito. E comunque non c’è problema. Al Pd, nel caso tutt’altro che improbabile che la legge Zan venisse impallinata dall’assemblea di Palazzo Madama, hanno già un colpevole a cui attribuire la sconfitta: Matteo Renzi. È per questo che tutti i dirigenti dem ogni volta che vanno in televisione o rilasciano un’intervista ci tengono a precisare che “la legge non ha problema di numeri, se Italia viva la voterà…”.