La linea Draghi: meno Cashback, più ammortizzatori sociali
Il governo intende abolire il bonus sui pagamenti voluto da Conte e trasferire i 3 miliardi di risparmio a un fondo per la riforma degli ammortizzatori sociali: l'obiettivo è allargare la rete di protezione sociale per mitigare le conseguenze dello sblocco dei licenziamenti
La versione che era filtrata ai giornali parla di “sospensione”, ma in realtà l’intenzione del governo è quella di abolire del tutto il Cashback. Almeno stando alle bozze del decreto che domani arriverà in Consiglio dei ministri che parla di "abrogazione": “Conseguentemente, il programma di attribuzione dei rimborsi in denaro per acquisti effettuati mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici... termina il 30 giugno 2021”. Nel corso della giornata di ieri, che è stata caratterizzata dalla deflagrazione dello scontro tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte, il premier Mario Draghi ha parlato con il capo delegazione del M5s Stefano Patuanelli che ha tentato di difendere la misura fortemente voluta da Conte e quindi è possibile che si arrivi a una mediazione sulla sospensione. Ma sarebbe solo un accorgimento diplomatico per non farla sembrare una sconfitta del M5s, perché anche in caso di sospensione si metterebbe il Cashback su un binario morto.
Diversi commentatori hanno visto nella decisione del governo, avvenuta quasi in contemporanea alla conferenza stampa in cui Conte ha lanciato il guanto di sfida a Grillo, una specie di sgambetto di Draghi nei confronti del suo predecessore che tanto aveva puntato, politicamente e mediaticamente, sul Cashback. In realtà si è trattato, ovviamente, di una semplice coincidenza temporale dato che il primo giro di Cashback termina proprio domani e il governo deve intervenire prima che parta un nuovo ciclo semestrale che costa 1,5 miliardi. D’altronde lo scetticismo del governo Draghi nei confronti di questo bonus molto costoso, quasi 5 miliardi complessivi, era noto da tempo. Il primo segnale è stato l’eliminazione, lo scorso aprile, del Cashback dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ed era stato uno dei cambiamenti più rilevanti del piano elaborato da Conte, che faceva di questo bonus uno dei pilastri della “Missione 1”, quella su “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”: il cosiddetto programma “Italia Cashless”, con uno stanziamento di 4,77 miliardi di euro, valeva quasi la metà di tutti i fondi impiegati per “Digitalizzazione, Innovazione e Sicurezza nella Pa”. Questa voce era stata rimossa dal Pnrr di Draghi, che ha preferito utilizzare quelle risorse per “digitalizzare la Pubblica amministrazione” e ora non c’è più neppure nel bilancio statale.
La sospensione è stata decisa in simultanea a un altro provvedimento, come l’eliminazione selettiva del divieto di licenziamento, che apparentemente non c’entra nulla: “Blocco del Cashback e sblocco dei licenziamenti”, è stata la sintesi che ha fatto pensare a due provvedimenti scorrelati ed entrambi penalizzanti per i cittadini. In realtà le due misure sono collegate, nel senso che il testo che arriverà in Consiglio dei ministri prevede che i 3 miliardi di risparmio sul bilancio del 2022 derivanti dall’abrogazione del Cashback verranno dirottati in un Fondo del ministero del Lavoro per il “finanziamento di interventi di riforma in materia di ammortizzatori sociali”. Una volta sospeso il programma e tolti i soldi, è difficile pensare che il Cashback abbia un futuro. Ed è a questa prospettiva, in queste ore, che si sta opponendo il M5s.
La visione d’insieme del governo è che proprio perché si andrà verso un ritorno alla normalità sulla legislazione del lavoro (sblocco dei licenziamenti), e dato che questo produrrà inevitabili contraccolpi occupazionali, bisogna spostare le risorse (blocco del Cashback) sulla riforma degli ammortizzatori sociali a cui sta lavorando il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, per fornire una rete di protezione sociale più estesa e forte a chi si ritroverà senza occupazione.
In ogni caso, che si vada verso l’abrogazione o verso una sospensione come chiede il M5s, è opportuno che il governo faccia una valutazione del Cashback. Questo bonus è stato infatti giustificato con obiettivi vaghi (incentivare i pagamenti digitali) e benefici indefiniti (recupero dell’evasione), ma di certo ci sono solo i costi elevati (5 miliardi in tutto). Alcune stime preliminari suggeriscono che si tratta di un costoso sussidio regressivo di cui si avvantaggiano prevalentemente le fasce più benestanti e dei grandi centri urbani, anche se il problema vero è che sul Cashback non c’è stata alcuna valutazione ex ante. Ma ora il governo ha a disposizione tutti i dati per misurare gli effetti dei primi sei mesi di bonus sui pagamenti digitali. Fare una valutazione delle politiche pubbliche e rendere accessibili i dati sarebbe un’importante innovazione di metodo, che andrebbe estesa oltre il Cashback.