La sinistra nuda sul Cashback

Luciano Capone

Regressivo e inefficace sull’evasione, ma simbolo del patto col M5s. Il Pd poteva rivendicare di aver anticipato la decisione di Draghi, ma preferisce non indispettire l'alleato organico in decomposizione

La grande polemica politico-simbolica sul Cashback è stata smorzata da Mario Draghi in Consiglio dei ministri con la forza della logica e dei numeri: “Il cashback – ha detto il premier – ha un carattere regressivo ed è destinato a indirizzare le risorse verso le categorie e le aree del paese in condizioni economiche migliori”.

Come peraltro avevamo evidenziato sul Foglio già a marzo, chiedendo l’abolizione del bonus per impiegare le risorse nella lotta alla povertà e per il rilancio della produttività, Draghi segnala che i maggiori beneficiari del cashback sono le persone con un reddito medio-alto, generalmente residenti al nord e nei grandi centri urbani. Si tratta insomma, un po’ come il bonus monopattino, di un bonus per la Ztl. Oltre agli effetti redistributivi regressivi, non si vedono neppure grandi effetti macroeconomici sull’aumento dei consumi e dei pagamenti visto che il 73% delle famiglie già spendeva tramite carte più del plafond previsto. Ciò vuol dire che per la stragrande maggioranza non è necessario cambiare i comportamenti nel metodo di pagamento per percepire il bonus.

 

Inoltre, appaiono scarsi anche b, che è il presupposto messo giustificazione del provvedimento. D’altronde, per la composizione della spesa delle famiglie italiane e per come è disegnato il Cashback, è facilmente prevedibile che gran parte dei pagamenti siano stati effettuati in settori a bassa evasione (si pensi solo alla grande distribuzione o ai carburanti). Su questo punto il governo Conte non aveva fatto valutazioni ex ante e, cautamente, aveva messo uno “zero” come recupero di extragettito da questa misura. Ma, più recentemente, qualche valutazione è stata fatta. Fonti del Mef dicono al Foglio che, incrociando i dati del primo semestre di Cashback con quelli della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie e sull’uso dei mezzi di pagamento, si stima che l’operazione finora può aver fruttato al massimo “meno di 200 milioni di recupero dell’evasione”, e questo presumendo addirittura che chi ha aderito al Cashback abbia “raddoppiato la spesa servendosi esclusivamente da evasori”. 

Un'ipotesi del tutto irrealistica, che mostra quanto sia marginale il recupero di gettito, soprattutto a fronte del costo della misura: quasi 5 miliardi in un anno e mezzo. Si tratta di una somma enorme, che fa spavento se confrontata con altre voci del bilancio. Ad esempio il governo precedente per il Reddito di emergenza (Rem), rivolto alle famiglie in difficoltà economiche a causa della pandemia, aveva stanziato circa 1 miliardo. E nell’anno post Covid, secondo il Def, l’incremento della spesa sanitaria previsto per quest'anno è di circa 3,5 miliardi. La sospensione del cashback è quanto mai opportuna anche perché il governo ha deciso di spostare le risorse risparmiate (per ora 1,5 miliardi, ma saranno 3 miliardi se il programma verrà definitivamente abbandonato) in un fondo per la riforma degli ammortizzatori sociali di cui si sta occupando il ministro del Lavoro Andrea Orlando.

In pratica il governo ha fatto una cosa giusta e, si potrebbe dire, di sinistra: togliere soldi alla Ztl per darli ai lavoratori che sono scoperti dalla rete di protezione sociale mentre inizia l’inevitabile e progressiva rimozione del blocco dei licenziamenti. E’ normale che protesti il M5s, e in particolare la viceministro al Mef Laura Castelli che garantiva che il governo avrebbe apportato solo modifiche marginali contro i “furbetti”. Ma non si comprende la posizione del Pd. A marzo il responsabile economico Antonio Misiani, rilanciando una proposta del Foglio, scriveva che “bisogna scegliere le priorità: i 3 miliardi stanziati nel 2022 per il Cashback è meglio dirottarli sui programmi di lotta contro la povertà”. Ora lo stesso Misiani afferma che la sospensione deve servire per “l’introduzione dei correttivi necessari per migliorare la strategia”. La stessa linea del M5s.

Il Pd poteva rivendicare di aver anticipato, e magari indirizzato, la saggia decisione di Draghi, e invece sembra più preoccupato dal non indispettire l’alleato organico in decomposizione.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali