apostasie leghiste
Così Borghi e Bagnai diventano alfieri di Draghi e rinnegano l'eurexit
Da "quella parola che non pronuncio" alle metafore dei pesci e del mare salato. Così i due teorici del ritorno alla lira, insieme ai colleghi leghisti Zanni e Rinaldi, rimuovono l'uscita dall'euro dalle soluzioni possibili per l'Italia. Ora resta solo da risolvere il paradosso di auspicare meno austerity ed elogiare l'alleanza coi tedeschi di Afd che chiedono più austerity
A evidenziare la stranezza c’ha pensato Luigi Marattin. Che dopo un paio d’ore di dibattito, ha indicato lo strappo nel cielo di carta: “Beh, se siamo qui a discutere di quali regole fiscali servano per l’euro, abbiamo stabilito che nell’euro dobbiamo restare e che la tesi per cui ognuno fa il deficit che vuole tanto poi ci pensa la Bce è andata in pensione. E mi sembrano novità sostanziali, per qualcuno”. L’ha detto, il deputato renziano, guardando negli occhi Claudio Borghi e Alberto Bagnai, e lanciando una mezza occhiata anche a Laura Castelli. Tutta gente che la tentazione dell’Eurexit l’ha coccolata non poco. E se per la viceministra grillina l’ortodossia di Bruxelles ha da tempo smesso di essere una bestemmia, per gli alfieri leghisti del ritorno alla lira la novità è effettivamente clamorosa. Al punto che dalle parti del Carroccio, sponda Giorgetti, si dice che l’evento servisse proprio a quello: a certificare, se non la conversione, quantomeno il ravvedimento operoso.
Ed ecco allora che Bagnai, già profeta del tramonto dell’euro e dunque promosso sul campo da Matteo Salvini a economista della Lega, lunedì ha organizzato un convegno dal titolo eloquente: “Riequilibrare l'Europa: verso una governance fiscale sostenibile dell’Ue”. Eloquente soprattutto per ciò che negli interventi dei relatori non c’era: nessuna allusione alla rottura con Bruxelles, nessuna nostalgia per il sovranismo monetario. Anzi, quasi uno sfoggio di contrizione da parte del padrone di casa che, a un certo punto, ha spiegato che sì, per lui il problema resta lo stesso, “una parola di quattro lettere di cui tre sono vocali”, ha detto Bagnai alludendo all’euro, ma si è poi trattenuto, “sennò giornali ci fanno i titoli e lo spread rischia di schizzare, anche se tanto con Draghi a Palazzo Chigi siamo tranquilli”.
E qui sta forse il senso della svolta: la folgorazione delle brigate No-euro sulla via di Città della Pieve. Una diffusa convinzione che, sotto l’egida di mario Draghi, è possibile superare i vincoli dell’austerity. Il tutto, ovviamente, corredato dai soliti paradossi leghisti, vecchie incrostazioni euroscettiche che ricompaiono come esantemi. E così ad aprire il convegno, patrocinato e finanziato dal gruppo ultrasovranista di Identità e democrazia a cui la Lega aderisce al Parlamento europeo, è proprio quel Marco Zanni, capodelegazione di Id, che negli anni passati si è fatto conoscere proprio per le sue temerarie arringhe contro l’allora presidente della Bce, amabilmente ribattezzato “draghetto” e descritto come una specie di affamatore di popolo al soldo di oscure oligarchie della finanza. Tanto Zanni quanto l’altro No euro Antonio Rinaldi hanno auspicato un’imminente archiviazione dell’austerità a seguito delle prossime elezioni tedesche: ma lo hanno fatto, e qui sta il paradosso, da orgogliosi alleati di Afd, ovvero del partito di estrema destra tedesco che invoca una stretta fiscale contro i paesi del Mediterraneo.
Cortocircuiti sovranisti che nella stagione dell’amore per Draghi producono apostasie impensabili. Come quella di Borghi, che da propugnatore dell’Italexit s’è quasi sentito in dovere di giustificarsi per il suo rinnegamento. “L’Italia è un pesce d’acqua dolce costretto a nuotare in un mare che ha una salinità altissima perché alcuni grandi pesci controllano le manopole del sale. Per questo dicevamo che bisognava cambiare mare”, ha spiegato. “Solo che cambiare mare significherebbe saltare fuori e poi con le pinne provare a muoversi sulla terra ferma, cosa che però può essere molto pericolosa”. L’apologo di Borghi è proseguito dicendo che, siccome il pesce tedesco è troppo grande per essere ucciso, al pesce italiano non resta che tentare di costruire intese con gli altri pesci per provare a modificare i parametri. Una lunga metafora per dire che per anni la propaganda leghista contro l’euro perseguiva la via del suicidio.