sceneggiata libica

Letta segue Orfini sulla Libia, e il Pd va in tilt

Valerio Valentini

Una giornata di convulsioni intorno a una disputa sintattica, poi un accordo che vale a poco. Il Nazareno spinge per affidare all'Ue l'addestramento della guardia costiera libica. Ma il governo già si muoveva per potenziare Irini. La possibile tensione tra Viminale e Difesa. E Guerini vola in Turchia

No, “verificare che vi siano le condizioni per superare la suddetta missione” non va bene, proprio per niente. Bisogna invece “verificare le condizioni per il superamento della suddetta missione”. Insomma a un certo punto il dibattito politico, che pure si pretende alto e nobile, si contorce intorno a una diatriba sintattica sempre più astrusa. E mentre i teologi del Pd discutono sul sesso degli angeli in una stanza di Montecitorio, va da sé che i governanti turchi, che nel frattempo sono a colloquio col ministro della Difesa italiano, pure lui del Pd, si fregano le mani. Che stavolta non c’è da espugnare Costantinopoli, certo, ma si può comunque pensare di approfittare delle convulsioni del Nazareno per fare un altro passo avanti in Libia.

 

La questione, in effetti, sarebbe anche grave. C’è da rifinanziare le missioni all’estero dell’Italia, e c’è bisogno che il Parlamento si esprima a favore con una risoluzione. Solo che la questione, che è grave, non è seria. “E quindi come ogni luglio - sbuffano da Forza Italia - oltre al caldo, c’è da fronteggiare le proteste delle anime belle del Pd”. A capo della fronda c’è, manco a dirlo, Matteo Orfini. Come l’anno scorso. Come l’anno prima. Convinto che finanziare l’addestramento della guardia costiera libica, la stessa che quando raccatta i disgraziati a largo delle coste di Tripoli li riporta poi nei campi di prigionia, sia un po’ macchiarsi le mani di sangue. Insieme a lui sta il resto della comitiva dei Giovani turchi (Raciti, Pini, Rizzo Nervo) e altri apolidi del Pd, da Laura Boldrini a Marina Berlinghieri alla cuperliana Barbara Pollastrini, oltre al manipolo di Leu guidato da Erasmo Palazzotto. Solo che a differenza dell’anno scorso e dell’anno prima, stavolta ci si mette anche Enrico Letta. E’ ansioso di far vedere che la svolta a sinistra è a tutto campo, il segretario, che davvero al Nazareno è cambiata aria. E allora è lui - lui che è allievo di quel Nino Andreatta che, raccontano le cronache, di fronte a Pierre Carniti che rievocava orgoglioso i fasti dell’autunno caldo, rispondeva chissà con quanta celia che “sarebbero bastati quattro carri armati per Via del Corso, e altro che autunno caldo” - a prendere la palla al balzo e a sposare in pieno la protesta dicendo che no, “se non cambia la risoluzione il gruppo del Pd si asterrà”.

 

La risoluzione, che dovrebbe votarsi domattina alla Camera, riguarda appunto la famigerata “scheda 48”: quella della missione bilaterale della guardia costiera libica. In sostanza, il Pd chiede due cose: che a partire dall’anno prossimo la gestione di questa missione passi sotto l’egida europea attraverso la missione Irini, e che la titolarità formale dell’opera di addestramento ai militari libici che oggi svolgono quindici nostri finanzieri passi dal Viminale alla Difesa. Nulla di clamoroso, nel merito. “E infatti è già in quella direzione che il governo si sta muovendo, e non da oggi”, ci dice Benedetto Della Vedova, sottosegretario agli Esteri che s’è ritrovato a dover mediare con le mille anime del Pd e del resto della maggioranza. Solo che entrambe le richieste richiedono una certa cautela diplomatica.

 

Anzitutto, serve che ad acconsentire al trasferimento di competenze da Roma a Bruxelles sia proprio il governo libico. Qualunque altra strada verrebbe percepita come uno sgarbo da Tripoli, che potrebbe a quel punto rivolgersi alla Turchia. E non è un caso che Lorenzo Guerini, dopo averlo già incontrato a inizio giugno in Sicilia, ancora nei giorni scorsi è tornato a vedersi col suo omologo di Ankara. E infatti nella riformulazione avanzata dal Pd, per firma di Enrico Borghi e Lia Quartapelle, d’intesa col governo s’è convenuto di specificare “che la graduale attribuzione alla missione Irini dell’addestramento delle unità navali libiche (...) sarà possibile una volta sottoscritto un memorandum tra Irini e le autorità libiche”.

 

L’altra questione è tutta nostrana, invece. E riguarda la resistenza, da parte di alcuni uffici del Viminale, a cedere il controllo di quella parte di missione che ricade sotto la guida dell’Interno: ultimo residuo della struttura ideata da Marco Minniti, quando era proprio da quel ministero che si provava a governare il caos libico. Riportare ora tutto nell’ambito della Difesa rischia di innescare tensioni tra i tecnici della Lamorgese e quelli di Guerini. Insomma, un lungo ed estenuante patiner sur place che, al momento in cui questo giornale va in stampa, è ancora in corso sotto forma di riunione per sistemare le ultime virgole, per trovare i sinonimi più acconci a definire un’intesa prima del voto d’Aula. Ed è in questo spasmo di inconcludenza che il Pd va in fibrillazione. Come l’anno scorso. Come l’anno prima. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.