il colloquio
A sportellate con Alessandro Zan
I confini della libertà d’espressione, la differenza tra intenzioni e conseguenze, il grande conflitto tra i diritti, le differenze con l’Europa e la contesa politica. Dialogo battagliero con l’estensore del ddl che sta dividendo l’Italia
Abbiamo passato un’ora buona insieme con Alessandro Zan, deputato del Pd, primo firmatario della famosa legge contro l’omotransfobia, e con lui abbiamo provato a ragionare su cosa significhi questa legge, su quali siano i punti controversi, su quali siano le critiche da accettare, su quali siano le questioni da risolvere. E lo abbiamo fatto partendo da posizioni diverse: questo giornale ha scritto più volte che una legge che lascia ai magistrati l’interpretazione delle parole non può essere una legge intoccabile e l’onorevole Zan ha più volte risposto alle nostre critiche. Abbiamo scelto di tornare a dialogare con lui, sfidandolo a viso aperto, mettendo in campo sfumature diverse e ne è nata una discussione interessante, e lo abbiamo fatto subito dopo la vittoria di misura ottenuta in Aula, al Senato, dai promotori della Legge (mercoledì scorso le pregiudiziali di costituzionalità presentate da FdI e Lega sono state respinte con 124 sì e 136 no). Martedì scade il termine per la presentazione degli emendamenti. Poi si voterà.
Onorevole Zan, allora, sei ancora con le dita incrociate?
“Guardi, questa è stata una delle tante cose che sono state strumentalizzate, perché io mi riferivo al voto sul calendario, con una battuta che era inserita in un discorso molto più ampio. Ma di certo chi mi conosce, visto che sono stato relatore alla Camera e ho condotto una mediazione lunghissima ed estenuante, sa che non lavoro incrociando le dita ma assolutamente con grande determinazione e lucidità”.
Però siamo arrivati a un punto in cui sembra che l’unica risorsa sia quella della scaramanzia, si vogliano tenere le dita incrociate e sperare che a questo punto in aula i voti ci siano. Non c’è più spazio per mediazioni.
“Secondo me è così, cambiare la legge al Senato significherebbe farla ritornare alla Camera e probabilmente metterla su un binario morto. Anche perché il lavoro fatto alla Camera è frutto di una lunga mediazione che ha tenuto conto delle diverse sensibilità, soprattutto nel mondo cattolico. E’ chiaro che nessuna legge è perfetta, però quando si parla di diritti umani e di dignità della persona, bisogna maneggiare con molta cura, perché non stiamo parlando di questioni economiche o fiscali, ma della vita delle persone. Per cui io non credo alla scaramanzia, credo piuttosto al fatto che se le stesse forze politiche che l’hanno votata alla Camera mantenessero questa linea al Senato, la legge passerebbe. Si parla di Vietnam parlamentare al Senato ma alla Camera è stato uguale, non solo in aula ma anche in commissione”.
Però secondo me nel momento in cui lei dice “questa è una legge così delicata, così importante, attiene alla vita delle persone, va maneggiato con cura”, questo farebbe invece ritenere al contrario che una lettura attenta e magari anche aperta a revisioni al Senato sia ancora più necessaria. Quante volte quelli che difendevano il bicameralismo perfetto dicevano “ma ci vuole un’altra camera perché quattro occhi funzionano meglio di due, se c’è qualche errore è bene poter intervenire”… Se di ogni legge che esce dalla Camera se dicesse “ma l’abbiamo fatta così, adesso che volete, metterci le mani voi senatori”, o viceversa… Tanto vale abolire il bicameralismo. In questo caso il Senato a mio parere ha tutto il diritto di dire “guardiamo attentamente, se c’è qualcosa da cambiare cambiamola”. Proprio perché è molto delicata!
“Ma nessuno vuole comprimere il dibattito o togliere al Senato le proprie prerogative di camera a tutti gli effetti. Sono d’accordo che il passaggio di due camere possa contribuire a migliorare la legge. Ma quando le proposte in campo di mediazione sono quelle sul tavolo, come ad esempio togliere l’identità di genere, è una crudeltà più che mediazione. Questo la Lega vuole fare, decapitare la legge di pezzi rilevanti per svuotarla e dunque renderla totalmente inutile. Non mi sembrano proposte di mediazione migliorativa, ma sono proposte volte ad affossare la legge”.
Quando ci si siede a un tavolo di compromesso, in partenza nessuno apprezza le proposte dell’altro. Poi piano piano si trova un punto di mediazione, si chiama compromesso anche per questo. Capisco che si parta da posizioni distanti ma a me è sembrato che mancasse da parte di chi milita a favore della legge la disponibilità stessa in questa fase alla Camera. Lei lo dice, c’è stata in questa fase una strumentalizzazione, ma sia dalla parte di chi la vuole cambiare sia da parte di chi la vuole invece difendere fino all’ultima virgola.
“Io sono stato relatore alla Camera, è dunque chiaro che difenda il testo uscito dalla Camera. Dopodiché mi si può accusare di tutto tranne che di essere quello che vuole piantare bandierine ideologiche. Abbiamo lavorato quasi un anno, forse più di un anno tra la commissione e l’aula raccogliendo tantissime richieste di mediazione, soprattutto degli amici di Italia viva. Si può dire che la legge uscita dalla Camera ha un azionariato di maggioranza di Italia viva, che ha presentato le maggiori proposte di mediazione. L’unico punto, l’unico faro che ci ha sempre guidati, è che le mediazioni si possono fare su tante cose ma non sulla dignità delle persone. Dunque quando si vogliono stravolgere delle terminologie che hanno proprio in una legge di questo tipo delle possibili ricadute pesanti dal punto di vista della mancanza di tutele e di protezione, soprattutto nei confronti dei gruppi più discriminati, ecco, questo per me è inaccettabile. Dunque significa prendere una legge anti discriminatoria e farla diventare discriminatoria. Questo per me è inaccettabile”.
Io però trovo che lei e anche il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle su questa questione dell’identità di genere mettiate troppa enfasi. Metto da parte le polemiche e le accuse spesso anche balzane e lunatiche del centrodestra su questo tema. Però alla questione se inserire in una norma che ha rilievi penali la definizione di identità del genere, vedo arrivare delle critiche molto sensate anche da gran parte del mondo della sinistra. Ne ho lette tante, a partire da quelle di Fassina, di Francesca Izzo, di Giuseppe Vacca, di Emma Fattorini, che dicono “questa questione del genere è una questione filosofica, antropologica, profonda e importante che viene discussa nelle migliori università del mondo, è fonte di tensioni e di punti di vista diversi”… E’ un’idea in fase di continua innovazione e approfondimento, se noi la prendiamo, la congeliamo e la appaiamo a un dispositivo penale, corriamo dei rischi che forse è meglio non correre. Per cui mettiamola da parte, andiamo avanti nel senso di punire i reati di omofobia e transfobia ecc. Ma questa parte qui lasciamola magari a una discussione più approfondita. A me per tanti versi questo ragionamento pare sensato e viene dal vostro mondo per gran parte.
“Non sono affatto d’accordo perché qui la questione antropologica e sociologica non c’entra nulla. Questa è una legge che vuole contrastare le discriminazioni, le violenze e dunque i crimini d’odio. E per farlo servono delle definizioni giuridiche consolidate. Sull’identità di genere si fanno considerazioni e ragionamenti sul piano antropologico e sociologico che non c’entrano nulla, perché la legge non si occupa di questioni legate alla transizione delle persone, per questo ci sono già delle norme, tra cui la legge 164. L’identità di genere è un termine consolidato nel nostro ordinamento giuridico, è presente in tutti i trattati internazionali ed è sancito dalla Corte Costituzionale come un diritto fondamentale della persona, ed è inoltre presente già in diverse leggi dello stato. Dunque togliere quella parte significa privare della tutela centinaia di migliaia di persone, che oggi sono le più discriminate tra i discriminati. Questo termine è necessario perché è presente in tutti i trattati internazionali, nelle sentenze della Cedu e della Corte Costituzionale. Toglierlo dalla legge Zan significherebbe doverlo togliere da tante leggi del nostro ordinamento e rendere questa legge incostituzionale. Ecco perché io ritengo che questo sia un punto non trattabile, non negoziabile, non per ragioni ideologiche o sociologico-antropologiche, ma per una definizione giuridica che renderebbe tassativa l’azione penale rispetto ai gruppi sociali e alle vittime che noi vogliamo proteggere”.
A parte il fatto che non mi convince l’idea che toglierlo dal ddl Zan comporti togliere l’identità di genere lì dove è già stata sancita, qui si tratta di una norma penale che per la prima volta si aggancia…
“…Dovrebbero avere il coraggio di presentare degli emendamenti per toglierlo anche dalle altre leggi, ad esempio l’ordinamento giudiziario vieta ogni discriminazione…”
C’è una differenza però, che molti giuristi hanno messo in evidenza: quando si tratta di dare ai magistrati ai giudici degli strumenti di azione e di scelta, inserire negli elenchi, nella casistica dell’applicazione di determinati articoli del Codice penale delle definizioni su cui non c’è concordia e su cui i magistrati potrebbero avere dei dubbi, dover ricorrere alla Corte Costituzionale è un rischio per l’applicabilità della legge. Non lo dico io o Salvini, lo dice Giovanni Maria Flick, lo dice Natalino Irti, che hanno fatto degli sforzi anche per trovare una soluzione che non sia quella di utilizzare l’identità di genere che così tante questioni mette in campo. Per esempio leggevo Flick che dice: “Bisognerebbe trovare una formula meno divisiva, meno controversa per cui ci si riferisse al sesso nelle sue manifestazioni ed espressioni di ordine sociale e individuale”. Questo sarebbe una dimensione più onnicomprensiva e più generalizzata, meno fonte di divisioni che però darebbe ai magistrati non un elenco di casi da cui dovrebbero districarsi ma una definizione generale. Qui non è soltanto il fatto che se non c’è l’identità di genere crolla tutto. Molti pensano che non sia così.
“Non sono d’accordo e infatti molti giuristi che si occupano di crimini d’odio chiedono invece esplicitamente l’inserimento, tra cui anche magistrati che lavorano in questo campo, proprio dell’identità di genere, perché il sesso nelle sue manifestazioni di ordine sociale individuale è un termine troppo generico. Non solo credo che l’ancoraggio sarebbe meno certo rispetto all’attuale formulazione, ma anche l’espressione suggerita da Flick e da altri non copre tutte quelle condizioni personali non immediatamente riconducibili al sesso, e invece si legano ad una concezione meno asfittica dal mio punto di vista delle identità personali”.
Se però uno continua a separare la persona in mille fettine diverse ci sarà sempre qualcuno che si sentirà escluso, più suddividiamo la persona nella sua unità, che è ciò che veramente dobbiamo tutelare, più mancherà sempre una fetta di qualcuno che dirà “ma io non mi ci riconosco”.
“Dal mio punto di vista il ddl Zan vuole nominare l’orientamento sessuale e l’identità di genere, e proteggerli con lo strumento penale, per identificarli come dimensione della dignità. Nasconderli nella terminologia “sesso” significa togliere il loro nome dal reato. Se una persona trans viene picchiata, la questione del sesso non include la sua tutela e la sua dimensione di dignità. Ecco perché noi abbiamo usato un termine che è consolidato nel nostro ordinamento. Qui c’è un atteggiamento pretestuoso da parte di molti che vogliono far sparire l’identità di genere per cancellare dei pezzi di umanità e per rendere il giudice non più in grado di intervenire nel contrasto dei fenomeni di odio e discriminazione. Rifiutarsi di nominare significa svilire la specificità di quelle condizioni personali e persistere nella loro invisibilizzazione. Questo è il punto. Anche qui ripeto, siccome stiamo usando un termine che è già presente nel nostro ordinamento, non ci inventiamo nulla. Mi pare assolutamente pretestuoso questo tentativo di cancellare dei pezzi e delle persone dalla tutela semplicemente perché c’è un retropensiero transfobico da parte di alcuni”.
C’è un altro punto della legge che suscita molti dubbi anche da giuristi sulla sua applicabilità e sulla possibilità di consegnare al giudice un indirizzo chiaro nell’emettere le sue decisioni e le sue sentenze. Quando nell’articolo 4, che tra l’altro è un articolo abbastanza bizzarro perché evoca una norma costituzionale all’interno di una legge ordinaria, ma questo magari lo lasciamo per una seconda osservazione, si dice che la libertà di espressione è garantita a meno che le idee e le cose che si dicono, le opinioni, i convincimenti non siano idonei a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori e violenti. Sulla idoneità di queste idee e di queste espressioni, di questi convincimenti, si apre un baratro di possibili indecisioni e di possibili interpretazioni diverse che effettivamente mettono a rischio la libertà di espressione, che sappiamo essere un elemento che la Corte Costituzionale ha carissimo e che tutela con grandissima attenzione.
“Anche qui ci sono raccontate molte fake news, perché la legge Zan estende pari pari l’articolo 604 bis della legge Mancino che contrasta l’istigazione all’odio razziale e religioso, lo estende alle altre condotte discriminatorie, e dunque un problema di mancata libertà di espressione ci sarebbe già con la legge Mancino all’articolo 604 bis. Siccome abbiamo avuto tanti anni di applicazione di quella legge, ci sarebbe stata già una censura della Corte Costituzionale, che su questo non è mai intervenuta. Da questo punto di vista la Corte di Cassazione in più sentenze ha stabilito in modo inequivocabile qual è il confine tra libertà di espressione e istigazione all’odio, proprio con delle sentenze il cui contenuto noi abbiamo replicato all’articolo 4. Se fosse stato per il deputato Zan, io non avrei messo l’articolo 4. Però c’è stata una richiesta del mondo cattolico di inserirlo per come ulteriore garanzia della libertà religiosa e del pluralismo delle idee e delle condotte legittime. Quel “purché non idonee” è esattamente quello che viene sancito dalla sentenza della Corte di Cassazione, perché possono determinare una condizione di discriminazione e di violenza”.
Circoscrivere quel termine di idoneità sarà un elemento di grande controversia molto probabilmente. Che cos’è davvero idoneo a determinare un concreto pericolo di compimento di atti di…
“Ormai c’è una giurisprudenza consolidata su questo. La legge Mancino che contrasta l’istigazione all’odio ormai è applicata con grande chiarezza e sono state emesse tantissime sentenze, proprio per stabilire che la libertà di espressione non può mai essere compressa ma che l’istigazione all’odio è un’altra cosa. Perché quella lede la dignità umana sancita dall’articolo 3 della Costituzione. Per cui ognuno potrà essere libero di dire quello che vuole ma l’istigazione all’odio no, non è libero di farlo già adesso, per le questioni razziali, religiose, noi l’abbiamo solo estesa all’orientamento sessuale e all’identità di genere”.
Però suona strano che una legge di carattere penale a un certo punto dica “sì però attenzione guardate che l’articolo 21 della Costituzione continua a essere valido”, cioè sembra una specie di excusatio non petita.
“Non è specificato nella legge l’articolo 21”.
Dice “fatte salve la libertà di espressione e di opinione”. Una legge che è costretta a dire che si fa salvo un dettato costituzionale da qualche parte zoppica.
“Questo è stato un intervento reso necessario dalle richieste da alcune forze politiche. E’ stato un intervento di mediazione necessario proprio per fugare ogni dubbio e per dare delle risposte a queste preoccupazioni. In ogni caso nessuna legge potrà mai essere lesiva della libertà di espressione, interverrebbe la Corte Costituzionale a censurarla”.
Lei è convinto che aumentando le pene, manovrando i meccanismi delle aggravanti si crei un meccanismo di deterrenza tale che i balordi che discriminano, che sono violenti, che insultano, che sputano, smetteranno di farlo perché una volta approvato il ddl Zan saranno spaventati dalle conseguenze un po’ aggravate dei loro gesti?
“No, non credo che una legge risolva un problema che è radicato nella nostra cultura. Purtroppo l’Italia è ultima in classifica nell’Unione europea proprio per un problema di accettazione e di inclusione sociale, a fronte di un retaggio patriarcale, sessista che è ancora presente nel nostro paese. Le aggravanti speciali della legge Mancino hanno come finalità quella di creare una deterrenza a questo tipo di crimini d’odio. Però rimane tutto il lavoro di educazione che bisogna fare nella società, nella scuola, nella pubblica amministrazione. Manca un glossario per chiamare le cose e le persone nel modo corretto. Manca soprattutto una educazione al rispetto delle differenze”.
Spieghi meglio.
“Una legge contro i crimini d’odio negli altri paesi europei ha visto scendere esponenzialmente i fenomeni di violenza e discriminazione. In Francia la riforma è stata approvata nel 2004, dalla destra liberale, non dalla quella sovranista che abbiamo noi, c’era Chirac presidente della Repubblica. Dopo l’approvazione della legge sono stati fatti dei passi avanti. Perché la legge è anche uno strumento che provoca una riflessione, un dibattito, oltre gli effetti che produce”. Io però continuo ad avere molti dubbi che una legge che si occupa di pene e di punizioni, di galera, di carcere per le persone…
“...la parte penale è la meno importante!”.
Dicevo. Io vedo in questa legge la parte penale come preponderante, invece, perché si manovra all’interno del codice penale la legge Mancino 604 bis, 604 ter per aumentare le aggravanti e aumentare le pene, e si tenta, si crede o ci si illude che sia una legge sui diritti. In realtà non la vedo come una legge sui diritti, una legge sui diritti allarga la sfera dei diritti delle persone. Allora, le persone della comunità Lgbt plus hanno effettivamente un deficit di diritti. La loro vera urgenza, la loro vera necessità è che questa sfera dei loro diritti, che oggi è minore rispetto a quella degli altri, venga ampliata. Io penso che una battaglia che vale la pena di essere combattuta anche andando allo scontro forte con chi non è d’accordo è una battaglia che amplia i diritti di queste persone, che consentano una stepchild adoption, che consentano l’adozione tout court, che consentano al matrimonio di essere un matrimonio pieno, che consentano a chi vuole cambiare sesso percorsi più assistiti e più regolari. Se invece noi ci concentriamo sul punire chi li offende, sul punire chi li discrimina, sul punire chi fa violenza, non stiamo dando più diritti a queste persone ma stiamo continuando a dire che sono un po’ speciali e che hanno bisogno di una protezione particolare. Non credo possa funzionare.
“Continuo a non essere d’accordo, nel senso che intanto il cammino per i diritti è un cammino ad ampio raggio e dunque bisognerà lavorare per il matrimonio egualitario, per l’adozione e per tutti gli altri diritti che ovviamente mancano. Qui stiamo parlando di una legge contro i crimini d’odio, che esiste in tutti i paesi occidentali avanzati. E, come giustamente ha detto il presidente Sergio Mattarella in occasione della Giornata contro l’omotransfobia, chi discrimina o agisce violenza nei confronti di una persona per la propria condizione personale, per il proprio orientamento sessuale, per la propria identità di genere, per il proprio colore della pelle e così via, non solo lede i diritti umani di un individuo ma viola il principio di uguaglianza sancito all’articolo 3. Perché se oggi in questa società due persone che stanno insieme dello stesso sesso hanno paura a tenersi mano nella mano per strada perché se va bene vengono insultati e se va male vengono picchiati, vuol dire che non siamo nelle condizioni oggettive di piena uguaglianza. Ecco perché il secondo comma dell’articolo 3 della nostra Costituzione dice “la Repubblica rimuove tutti gli ostacoli”, perché la Costituzione non è un manifesto statico ma è un manifesto programmatico che invita il legislatore ad intervenire quando la piena uguaglianza non c’è. Dunque la legge contro i crimini d’odio in una società ideale sarebbe totalmente inutile, ma in una società dove c’è lo stigma sociale nei confronti di certi gruppi sociali è necessaria per dare tutte le protezioni e una piena applicazione al principio di uguaglianza”.
Ma lei non crede che il fatto che le persone Lgbtq vengano bullizzate, discriminate e picchiate sia anche il frutto del problema che vengono percepite come discriminate dallo stato, dalle leggi in vigore? Cioè ci si sente quasi in diritto di trattarle diversamente perché è la società che le tratta diversamente. Se io ritengo una coppia gay indegna di adottare, se ritengo un trans indegno di avere un lavoro o di fare una vita normale, se ritengo una coppia che si sposa indegna di adottare il figlio del partner, se le nostre leggi, se il nostro stato danno questa indicazione che si traduce nel dire che queste persone sono inaffidabili, sono meno stabili, forse sono addirittura pericolose per i figli, per i bambini… Ecco: è questo che le rende vulnerabili, esposte al bullismo, agli insulti e alle discriminazioni. Quindi è lì che va cambiato, ampliando i loro diritti e facendole percepire come uguali a tutti gli altri che probabilmente si disinnesca il meccanismo dell’offesa, della persecuzione.
“Ma forse lei non ricorda cosa è successo per le unioni civili. La destra ha alzato le barricate e si è messa di traverso per impedire l’approvazione della legge.. C’è un problema di gap culturale enorme in questo Paese. Io sono d’accordo che una legge penale non sia sufficiente. Anzi la legge che noi proponiamo è per la maggior parte dedicata alle azioni positive, pensiamo alla creazione di centri anti discriminazione che danno sostegno alle vittime di violenza, assistenza legale e psicologica, di mediazione sociale. Pensiamo a tutto il lavoro che farà l’Unar con la strategia triennale Lgbt per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Noi abbiamo ancora ad esempio una scuola molto incentrata sugli stereotipi di genere e sessisti che poi a cascata colpiscono tutte le differenze. Questo è un problema che parte dalle scuole ed è per questo che sarebbe importante che ci fossero dei progetti che educhino le persone a valorizzare tutte le differenze”.
Anche su questi aspetti ho spesso l’impressione che la politica voglia far fare alle scuole qualsiasi mestiere tranne il loro, cioè quello di insegnare – e facciamoli diventare più sensibili contro il femminicidio, facciamoli diventare più sensibili contro le discriminazioni! Il primo mestiere della scuola è quello di formare le persone, di insegnare. Se gli diamo una quantità di incarichi che poi diventano anche difficilmente gestibili all’interno delle varie autonomie didattiche, ci illudiamo di aver risolto un problema, in realtà l’abbiamo soltanto scansato.
“Nelle scuole in Europa si fanno progetti contro le discriminazioni, è un fatto assolutamente normale. Solo in Italia questo non succede, e solo in Italia non c’è una legge contro i crimini d’odio. Ripeto, tornando al succo del discorso, questa legge è fondamentale perché noi abbiamo la necessità di intervenire per contrastare le discriminazioni e le violenze. Questo è quel che vuole fare la legge, non vuole entrare in questioni filosofiche o sociologiche”.
Lo fa nel modo tipico in cui i politici vogliono risolvere i problemi sociali, cioè appunto aumentando le pene e mandando in galera, spazzando sotto il tappeto delle carceri quelle cose che riteniamo non funzionare nella società. Poi le carceri esplodono come Santa Maria Capua Vetere. E questo è anche un rischio, perché è un modo gratuito ed economico e semplice quello di dire “abbiamo affrontato il problema X aumentando le pene”. E poi ci si vanta di questo in tutti i talk show. Noi siamo quelli che hanno raddoppiato le pene per questo, per quello. Poi il problema rimane tale e quale, se mai hai ampliato il problema carcerario.
“Tirare in mezzo Santa Maria Capua Vetere mi sembra fuori luogo, perché, ripeto, la legge affronta il tema delle azioni positive più della questione penale. E’ l’estensione della legge Mancino, basta, estende quello, non fa altro. La legge Mancino che è già intervenuta per l’odio razziale e religioso verrà estesa alle altre condotte discriminatorie. Dire che la legge Zan punta tutto sul penale è assolutamente falso. E’ importante per dare delle risposte sul piano culturale a una arretratezza che è presente nella nostra società, tutti gli indicatori dicono che l’Italia è agli ultimi posti, se è molto più vicina all’Ungheria o alla Polonia e non alla Germania, la Francia e gli altri Paesi è perché deve essere fatto un lavoro di azioni positive proprio per contrastare le discriminazioni. Dunque io sono fermamente convinto che questa sia una battaglia giustissima che vada fatta il prima possibile”.
Che però va avanti bendata, alla cieca in Senato dove rischia di essere bocciata e sepolta per sempre. In quel caso sì, sepolta per sempre, molto più sicuramente che se fosse stata semplicemente modificata.
“Io do un avviso ai naviganti, meglio nessuna legge che una legge pessima, che rischia di essere discriminatoria. Nessuno vuole comprimere il dibattito, il Senato ha tutte le facoltà e le prerogative per fare il compromesso e le mediazioni. Però se una legge fosse decapitata rispetto alla dignità delle persone, a quel punto sarebbe meglio nessuna legge. Questa è la mia opinione”.
Allora faccio un’ultima domanda proprio partendo da questa sua osservazione, che può sembrare maliziosa nei suoi confronti ma non lo è. Questo è il mio punto di vista ed è il punto di vista del padre di questa legge, di colui che gli ha messo il nome, questa si chiama legge Zan. Lei è l’onorevole legge Zan. Ovviamente sto adesso un po’ esagerando, però lei è un po’ come Nino Frassica quando diceva “tu sei il signor Maurizio Costanzo show”. Lei è il signor ddl Zan e per questo viene portato in trionfo dalle associazioni Lgbt. Ha accesso nell’Empireo mediatico dei coniugi Ferragnez. Insomma è tutta una cosa molto legata alla sua identità e mi rendo conto che questa personalizzazione della norma legislativa in qualche modo temo possa rendere più difficile la disponibilità al compromesso. Perché è come se le dicessero “a tuo figlio taglieresti un braccio?”. Certo che no, non lo farei mai, perché lo chiedi al padre? Allora mi chiedo se in futuro non dovremo riflettere sul fatto che la personalizzazione delle leggi e il fatto che una persona ne diventi il testimone, in qualche modo il padrone, non renda molto più difficile un compromesso anche lì dove sarebbe necessario.
“Sono d’accordo che l’eccessiva personalizzazione è sbagliata, è stato un caso, anche perché io non sono mai stato visibile come parlamentare, ho sempre fatto il mio lavoro in modo umile e anche un po’ riservato, la legge porta il mio nome perché viene dato dal relatore che per primo inizia l’iter. Tutto qui. Ora spetta al Senato proseguire l’iter per portare a casa si spera una buona legge”.