"I grillini non fanno più paura". La chiacchierata tra Renzi e Vespa in Puglia
E su Siena: "Se il Pd cede al M5s su tutta la linea, magari vince il collegio ma tradisce tutte le battaglie storiche. E fa un danno all’economia Toscana"
“L’ultimo libro di Renzi è primo nella classifica della saggistica”. “Ma solo perché quello di Vespa è uscito prima”. Parte cosi la chiacchierata tra Bruno Vespa e Matteo Renzi che domenica sera anziché il canonico salotto televisivo ha avuto come scenario i vitigni di Masseria Li Reni, dove il conduttore produce un pregiato primitivo di Manduria e da qualche mese ha aperto anche un ristorante.
Renzi è in Puglia per la presentazione del suo ultimo libro, Controcorrente. Il tour, dopo la prima a Roma con Enrico Mentana, si è spostato proprio nella regione dove l’ex premier è stato forse più contestato ma dove ha lasciato sul territorio il frutto coraggioso di quella stagione di riforme. “L’ultima dopo Fanfani”, dice Renzi, “che il partito di Speranza e D’alema ha avuto la responsabilità di chiudere”.
Il primo argomento della conversazione è il segretario del Pd: “Non è vero che metto una lista contro Letta a Siena - dice Renzi- io gli ho detto non ho problemi ad appoggiarti, così ci togliamo la storia dello 'stai sereno'. Siccome quel collegio è sicuro, tanto che vincemmo con Padoan anche senza i grillini, gli ho chiesto che bisogno ha di imbarcarli. Se Letta ci vuole, noi siamo disponibili a ragionare. Se invece è convinto di aver già vinto, vuole fare l'accordo col M5s e basta, noi andiamo da soli. E non con la Lega”. Secondo Renzi, è Letta che deve essere chiaro: “Il Pd deve scegliere se essere il principale e più forte sostenitore dell’esperienza di Mario Draghi, o se vuole stare con Conte che è il suo principale avversario. Ad esempio - continua Renzi - persino Dario Nardella è arrivato a schierarsi contro l’aeroporto pur di non mandare a mare l’alleanza comunale con i 5 stelle. Se i Democratici cedono ai grillini su tutta la linea, magari vincono il collegio di Siena, ma tradiscono anche moralmente tutte le nostre battaglie storiche. E fanno un danno all’economia Toscana. Mi rivolgo a Nardella: Dario, non puoi arretrare su questo tema. Il bene di Firenze è più importante del consenso del segretario pro tempore del tuo partito”.
Eppure Renzi non ha difficoltà ad ammettere che “i grillini non sono più motivo di incompatibilità: infatti a Bologna e Napoli andiamo con il centrosinistra nonostante ci sia anche il Movimento 5 stelle, questo perché non fanno più paura e oramai prendono di tutto. Per esempio qui vicino arriva la Tap, io mi sono preso i peggiori insulti dai 5 stelle, poi alla fine il gasdotto l’ha fatto Conte".
Rispetto a questo passaggio sulle alleanze e le amministrative sorprende che nella prima tappa pugliese di Matteo Renzi a Gallipoli ad ascoltarlo in prima fila ci sia proprio il sindaco Stefano Minerva, uno degli emilianisti più antirenziani, ma soprattutto uno dei più agguerriti No Tap. Il sindaco di Gallipoli, che è anche presidente della provincia di Lecce, eletto grazie all’accordo di Emiliano con il sindaco di destra di Nardò, era uno di quelli che dormiva la notte in macchina per occupare il cantiere Tap, nel tentativo di bloccare i lavori del gasdotto. E che firmò ordinanze contro il decreto Martina (ministro dell’Agricoltura del governo Renzi), che imponeva l’uso dei pesticidi per combattere la Xylella, mentre il sindaco di Gallipoli era contrario. Eppure Renzi ha annunciato di sostenerlo alle primissime amministrative.
Non manca la stoccata a quello che era il suo ministro della Giustizia, ora del Lavoro, Andrea Orlando. “Ma perché fai le interviste dicendo che vivi in una casa popolare a La Spezia se poi hai la casa in Messico? Per me non sarebbe un problema. Ma è lui che fa il pauperista per finta”.
Sui vaccini il leader di Italia viva si dichiara favorevole all’obbligo per il personale scolastico. “E lo dico in una regione in cui il presidente Emiliano è passato dai No Vax a Lopalco”, aggiunge. Non teme che il governo cada sulla riforma della giustizia, anzi svela il bluff: “Di Maio non abbandonerà mai la poltrona, pensano solo a quello”. E rispetto alla critica che gli viene fatta di essere stato il primo ad aprire al governo con i 5 stelle dice. "Se avessimo dato ragione a Zingaretti, che voleva andare a votare nel 2019, oggi avremmo un Parlamento e un governo sovranista che avrebbero eletto un presidente della Repubblica sovranista, mentre a breve ne avremo uno europeista. Poi è chiaro che bisogna trovare un accordo con Salvini. Ma quello lo dicono i numeri, non esiste la superiorità morale del Pd che ogni volta pensa di avere il diritto costituzionale a nominarsi il presidente della Repubblica da solo. Ora leggo che c’è un sondaggio secondo il quale nel Pd Giorgia Meloni è più amata di me: gliela lascio!”
Infine sulla giustizia ammette che il Parlamento da solo non ce la farà per questo ha firmato il referendum. “Io riconosco le mie responsabilità, anche nella nomina di Ermini e Legnini, ma quello è il sistema. Quelle cene - dice Renzi - sono state l’unico elemento per il quale Ermini è stato nominato vice presidente del Csm, non le facevano mica solo Lotti, Palamara e Ferri. Le facevano tutti”.
Bruno Vespa non gli ricorda che in una di quelle cene fu nominato anche Carlo Maria Capristo alla procura di Taranto, che è la provincia in cui si trova la Masseria. Il procuratore è ora agli arresti domiciliari per una inchiesta secondo cui, attraverso Pietro Amara, aveva raggiunto un accordo per il patteggiamento Ilva con Enrico Laghi che Renzi aveva nominato commissario dell’azienda in amministrazione straordinaria. Chissà se ne leggeremo nel prossimo libro.