Il caso

Non solo il quid, gli manca il quorum: Conte teme il flop sul voto dello statuto M5s

Il precedente di Torino allarma lo stato maggiore del Movimento: il futuro leader pentastellato non vuole arrivare alla seconda votazione

Simone Canettieri

Lunedì e martedì gli iscritti grillini sono chiamati a esprimersi sul documento scritto dall'ex premier: al primo appello servono 60mila partecipanti

Beppe Grillo gli ha rinfacciato la mancanza di quid e adesso  potrebbe non avere nemmeno il quorum. I tormenti di Giuseppe Conte non passano solo dalla ricerca di un accordo sulla giustizia che tenga uniti  capra e cavoli, i parlamentari bizzosi e la stampa amica e intransigente.

 

L’ex premier per diventare finalmente presidente del M5s, con tanto di pennacchio, deve passare dal mitologico voto in rete degli iscritti. Lunedì e martedì si inizierà con il nuovo statuto: in prima convocazione serve la maggioranza più uno degli aventi diritto. Non tira una bella aria.  


L’argomento su cui sarà consultata la base è quello che è: un burocratico  documento di 39 pagine, pieno però di sudore e sangue, vista la gestazione che ha avuto.  Ma l’affluenza alle urne digitali  per dare il via libera al nuovo statuto sarà un termometro per Conte. Nonché il primo passo verso la corona. A Torino la scorsa settimana non è andata benissimo: per scegliere il candidato sindaco del M5s si sono dati appuntamento in 625. Due iscritti su tre hanno disertato l’appuntamento su SkyVote, la piattaforma che ha sostituito Rousseau.

 

 E alla fine Valentina Sganga  proverà a succedere a Chiara Appendino forte della spinta di 339 clic. Un flop, appunto. Che Conte non può permettersi anche perché  ha su di sé gli occhi puntati di Beppe Grillo e Mario Draghi. 


Lo scorso febbraio per decidere sull’appoggio al governo di unità nazionale la piattaforma  di Davide Casaleggio certificò in 119.671 gli iscritti aventi diritto al voto su un totale di 188.431 (settantamila non poterono votare perché inattivi da molto o non ancora con sei mesi di iscrizione al partito sulle spalle). Dunque il nuovo statuto del M5s in prima convocazione per essere approvato dovrà contare su  una platea di almeno sessantamila militanti.

 

Altrimenti? Si ripeterà la votazione giovedì e venerdì con la seconda chiamata e senza quorum. Questo scenario lo mettono molti in conto, nel M5s. 


Tra chi lo ritiene un fatto fisiologico (visto il quesito non proprio eccitante) e chi è pronto a rimarcare con una certa soddisfazione la prima uscita a vuoto del quasi presidente del Movimento.  D’altronde, dopo il via libera allo statuto ci sarà l’altra votazione, senza quorum, per eleggere l’unico candidato alla guida politica dei grillini. Conte non potrà partecipare a nessuno due appuntamenti: non hai mai detto, finora, di essersi iscritto al M5s e anche se lo avesse fatto di recente senza comunicarlo è tagliato fuori lo stesso: gli mancano i sei mesi di anzianità  pentastellata  (certificata) come requisito obbligatorio. Ancora una volta sono questi lacci e lacciuoli a rendere  la corsa di Conte accidentata.

 

L’avvocato di Volturara Appula corre perché va di fretta: nel suo tour di ieri a Montecitorio ha incontrato le commissioni parlamentari e all’uscita dal Palazzo ha parlato di tutto, come compete  a chi vuole dare la linea: giustizia, certo. Ma anche green pass e scuola. Il fuoco è sulla riforma Cartabia e sull’accordo che con molto realismo danno tutti per chiuso. Ragionamenti che ha già fatto trapelare lo stesso Conte, questa volta in versione ecumenica nei confronti di Palazzo Chigi, fiducioso su un’intesa, pronto a migliorare i provvedimenti “e non per interessi di bottega”. Forte di un “colloquio costruttivo” con il suo successore alla guida del governo, Conte non minaccia più sfracelli e spera soprattutto di non lasciare per strada nessun parlamentare quando ci sarà da votare la fiducia sulla riforma della giustizia. Anche perché si troverebbe costretto come primo atto da capo politico a registrare l’espulsione dei parlamentari. D’altronde il codice etico del M5s parla chiaro, almeno quello vecchio, visto che il nuovo al momento non è stato ancora presentato: il voto contrario alla fiducia fa scattare il cartellino rosso. Che farà, per esempio, Alfonso Bonafede?
      

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.