le reazioni a piazza del popolo
"Caro Salvini, isola i no vax del nostro partito". La rivolta dei leghisti veneti
"Borghi, Bagnai e Co. in piazza a Roma? Che tristezza. Rovinano mesi di lavoro durissimo", dice il consigliere Favero. L'assessore di Zaia Marcato: "Parole di Mattarella esemplari. Il green pass non sia un'eresia per la Lega"
La Liga veneta contro Matteo Salvini. Non ci stanno a passare per il partito che ammicca ai no vax. “Perché l'alternativa al vaccino è il ritorno al Medioevo, all'irrazionale contro la scienza”. Gli esponenti del partito in Veneto guardano a Roma e un poco si agitano e si indignano per le immagini della manifestazione anti green pass di piazza del Popolo. Salvini non c'era, ma in compenso tra Armando Siri, Alberto Bagnai, Claudio Borghi, Francesco Maria Rinaldi, quello che è trasparito in controluce alla presenza in favore di telecamera è stato fonte d'imbarazzo. Al punto che addirittura il presidente del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari hanno preso le distanze.
“Guardando quelle immagini ho provato grande tristezza. Siamo di fronte a una tragedia epocale, a centinaia di migliaia di morti, mesi durissimi. Non mi sembra proprio il caso di scherzare”, confessa al Foglio il consigliere regionale del Veneto Marzio Favero, ex sindaco di Montebelluna, leghista da sempre. “Poche ore prima c'era stato l'appello di Mattarella alla vaccinazione come dovere morale e civico, gesto di responsabilità collettiva. Non possiamo che condividerlo e farlo nostro. I parlamentari che vanno in piazza con quella leggerezza commettono un errore e rischiano così di vanificare tutto il lavoro che in questo anno e mezzo di pandemia hanno portato avanti amministrazioni serie come quella di Luca Zaia. Andrebbero isolati all'interno del partito, per non procurarci altri imbarazzi”. Perché è anche così che si muove il dissenso all'interno del Carroccio: a colpi di pragmatismo, in una delle regioni più impegnate sul fronte della lotta al Covid, fin dal primo caso a Vo' Euganeo.
E' anche colpa dell'ambiguità di Salvini, che sempre è sembrato pronto a cavalcare a fini di consenso lo scetticismo strisciante di alcune fette di elettorato recalcitrante, no? “Ma l'importante è che il messaggio arrivi chiaro, e credo che il segretario abbia fatto bene a vaccinarsi”, dice Favero. Sul green pass però il segretario ha sposato da subito la linea della limitazione delle libertà personali. “Ma bisogna capire che anche con i lockdown le nostre libertà hanno subito una restrizione. Cos'è, vogliamo tornare indietro e bloccare sul nascere la ripresa economica che stiamo vedendo? Non ce lo possiamo permettere. Ecco perché pur preferendo la persuasione non sono contrario all'obbligo vaccinale nel caso in cui ce ne fosse bisogno”, specifica il consigliere. Anni luce lontano da Siri che solo ieri ripeteva: “Non mi vaccino lascio le dosi a chi ne ha bisogno”.
“Io in piazza con i no vax non ci andrei mai, mi sentirei in imbarazzo, perché credo che i vaccini siano la nostra unica arma per tornare alla normalità il prima possibile. L'appello del presidente Mattarella è stato perfetto, puntuale e ineccepibile”, spiega al Foglio Roberto Marcato, tra i fondatori della Liga veneta, che nella giunta Zaia è assessore allo Sviluppo economico. Ogni giorno si trova a interloquire con imprenditori che gli pongono una serie di interrogativi pratici sul funzionamento del certificato verde, “ma un conto è trovare un compromesso utile a tutti, correggerne le storture. Altro è fare una battaglia pregiudizialmente contraria. Il green pass non è e non deve essere un'eresia per la Lega”. Praticamente una sconfessione di tutto quello che Borghi & Bagnai andavano propagandando in piazza ergendosi a nuovi paladini della libertà. “Ho fiducia nel fatto che il mio partito sappia discutere. Siamo plurali, magari non la pensiamo tutti allo stesso modo. Ma il fatto che il segretario Salvini si sia vaccinato credo chiarisca in maniera definitiva quale sia la nostra posizione”.