Il racconto

La triste storia di Giuseppe De Donno diventato "Mr. Plasma"

E' morto circondato da chi ne chiedeva il Nobel per la Medicina e chi il processo da criminale

Carmelo Caruso

La vita di Giuseppe De Donno, medico e primario di Mantova, morto suicida a 54 anni. "Luminare" per la Lega, "stregone" per altri. La notorietà per la sua cura al plasma da utilizzare nella lotta contro il Covid. Le dirette con Salvini, la sua nuova vita, Un racconto

Roma. Non era lui che cercavano. Volevano vendere la sua storia. Avevano cominciato a chiamarlo “luminare”. Altri lo definivano “uno stregone”. E’ morto circondato da chi ne chiedeva il Nobel per la Medicina e chi il processo da criminale. Era solo un primario del reparto Pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova. Aveva 54 anni. Nel marzo 2020 è diventato il “padre” della terapia con il plasma iperimmune contro il Covid. Nessuno prima di allora sapeva come fosse fatto e neppure cosa pensasse. A nessuno importa il volto di un medico. Non sapevano, ad esempio, che Giuseppe De Donno, morto suicida il 27 luglio 2021, era pugliese. Era originario di Maglie, ed era cresciuto nella frazione di Morigino. L’amministrazione comunale, questa estate, lo ha festeggiato in piazza. Era diventato un illustre. Il 19 giugno 2020, un altro comune, Lequile, in provincia di Lecce, gli aveva conferito la cittadinanza onoraria perché “impegnato come scienziato in prima linea nella lotta al Covid 19”. La fine inizia anche così. Si era trasferito, da ragazzo, con la famiglia, in Lombardia, a Curtatone (14 mila abitanti circa). Si era diplomato al liceo Classico Virgilio e aveva proseguito gli studi all’Università di Modena.


Non ha mai detto di aver inventato un nuovo protocollo. Non pensava di fare miracoli. Un partito e un leader hanno voluto farglielo credere. A qualsiasi uomo fa piacere ascoltarlo. Lo agganciano i rabdomanti di filtri, quelli che inseguono sempre un’altra verità, quella “non raccontata”. La Lega di Matteo Salvini organizza dirette con De Donno perché “a Mantova c’è un professore che…”. Chi è contro Salvini inizia a studiare la vita di questo primario. Da quel momento nasce “Mr. Plasma”. Vengono setacciati i suoi profili social. Lo si vuole smascherare. Comincia a ricevere telefonate dai cronisti. I giornali le pubblicano e le titolano come “burrascose”. Si scopre che dietro il profilo “Joseph Dominus”, un professore biologo che loda il metodo di De Donno, c’è sempre De Donno. Si difenderà. Verrà irriso.

 

Si cercherà infatti di dimostrare, partendo da quel profilo alias, che dietro il suo plasma si cela una canaglia. Per i quotidiani e per i partiti diventa un personaggio. Uno di quelli da sentire o da distruggere. Non erano ancora stati sperimentati i vaccini. Era la stagione in cui si commerciavano speranze. La sua terapia entra nel catalogo. Anche Michele Emiliano, il presidente della Puglia, si dichiara interessato alla cura “De Donno”. I giornali locali annunciano che “14 campioni di siero sono in viaggio verso Padova per sapere se i soggetti sono idonei alla donazione”. A Mantova dicono che De Donno non se ne sia  neppure accorto. Stava accadendo: “Ha cominciato ad avere un seguito”. Nelle piccole città si dicono sempre tante cose. A Mantova un po’ di più.

 

Viene spinto nelle arene, partecipa alle dirette Facebook con il leader della Lega, viene invitato ai convegni ufficiali promossi dal partito. Accetta. Finisce in prima serata, a “Porta a Porta”. Si contrappone a Giuseppe Ippolito, professore dello Spallanzani. Conquista spazio. Il 6 maggio annuncia una “pausa dai social”. Chiude i suoi profili perché, spiega, “non gli permettono di operare serenamente”. Lo intervista Red Ronnie. Salvini lo inserisce nella lista degli scienziati che meritano fiducia. Non entrerà però nella terna “per un nuovo Cts” che sponsorizza a novembre 2020. I suoi tre nomi saranno infatti: Giorgio Palù, Matteo Bassetti, Alberto Zangrillo. Per lui la medicina, così come il rigore e la prudenza, non è altro che una frase ben detta in uno studio di scalmanati. In una nota, apparsa dopo la notizia della morte, sempre Salvini, ha dichiarato: “Non ci volevo credere. Perdiamo una bella persona, un grande medico, che durante il Covid ha lottato come un leone per salvare centinaia di vite. Spesso contro tutto e tutti. Buon viaggio Giuseppe, lasci un vuoto grande”.

 

De Donno si era già allontanato da tutto questo. In città, nell’estate del 2020, circola la voce che possa essere lui il candidato del centrodestra per sfidare il sindaco Mattia Palazzi. La Lega indica alla fine Stefano Rossi. Solo adesso che è morto si precisa: “De Donno non era neppure di destra”. Al comune di Curtatone, il paese dove viveva,  anche la centralinista ricorda che era stato consigliere e vicesindaco: “Ma con una lista civica di centrosinistra”. Nei mesi che precedono il suicidio, la sua fragilità annega nelle chiacchiere e nei bicchieri di Campari dei mantovani. L’idea è che De Donno sia ormai un personaggio pubblico e che sia giusto pubblicizzare qualsiasi diceria. In ospedale inizia a sentirsi a disagio. In città non sufficientemente compreso. Prima del Covid si presentava in questo modo. Dal suo cv: “Lavoro da quasi trent’anni con passione e dedizione al servizio della Pneumologia della Fisiopatologia Respiratoria”. Dopo la notorietà decide di abbandonare il suo incarico, il reparto. Saluta  dicendo che l’esperienza del Covid lo ha cambiato. Ricomincia da medico condotto in un paese diverso dal suo. E’ Porto Mantovano. Nel giro di poche settimane raggiunge la quota di 1.500 assistiti. Quella che è una libera scelta, decidere di cambiare medico, si trasforma in un fenomeno. I suoi “nuovi” colleghi registrano una fuga di pazienti. Si può essere fuori posto anche cambiandolo. La sua “storia” da medico  si è conclusa qui. Quando è arrivato in questo paese aveva già percorso uno speciale cammino che avevano scelto per lui sia chi lo sosteneva  sia chi lo disprezzava: professionista sconosciuto, uomo protocollo, eroe nazionale, quasi vip, ribelle, noto, troppo noto. Era un medico e lo hanno ridotto a bottino.
 

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio