Che fine ha fatto?

C'era una volta il ddl Zan, semi-scomparso dalle cronache

Marianna Rizzini

Gli emendamenti, settembre all'orizzonte, i decreti da approvare prima dell'estate, e i contendenti non più in campo con la stessa veemenza

Non fosse stato per l’apparizione (ieri) del gruppo comico “The Jackal” al festival di Giffoni, e per la loro frase riferita al ddl Zan– “ognuno va tutelato, sentitevi sempre liberi di essere come siete” - il ddl medesimo, pietra della discordia per mesi, potrebbe suscitare in questi giorni il seguente interrogativo: “Ma come, è stato già dimenticato?”. Perché, in effetti, a neanche tre settimane dall’acme della polemica, il disegno di legge si è come nascosto, per non dire inabissato, sommerso certo da altre discussioni (giustizia, vaccini, green pass), ma neanche più sbandierato da chi prima, da una parte e dall’altra, si era lanciato nell’agone a favore o contro. E insomma, se non è un “c’era una volta il ddl Zan” poco ci manca.

 

Ddl Zan, Faraone (Iv): "Da Pd e M5s totale disinteresse"

 

Che cosa succede? Che strada prenderà la faccenda? Da Italia Viva il capogruppo in Senato Davide Faraone sbotta: “Un giorno si è l’altro pure faccio appelli perché venga approvato prima dell’estate”, dice al Foglio, “ed è scandaloso non soltanto che mediaticamente sia scomparso dai radar, ma che ci sia totale disinteresse nel Pd e nei Cinque Stelle. Non si può perdere un giorno di più. Noi da parte nostra abbiamo proposto la trattazione già dalla prossima settimana per approvare il provvedimento prima dell’estate. Vedremo la posizione dei vari gruppi”. In altre parole: o si completa la discussione e il voto sul non passaggio agli emendamenti o l’alternativa è andare a settembre. La Lega, accusata da Enrico Letta, a inizio luglio, di voler affossare il disegno di legge, ora, si evince dalle parole di un parlamentare leghista, mette l’accento su “tutti i problemi che ha l’Italia in questo momento da risolvere, problemi urgenti che vengono prima delle battaglie ideologiche”.

 

Eppure, riavvolgendo il nastro alla prima metà di luglio, si trova Matteo Salvini, da un lato, che propone a Letta “un incontro” di mediazione, citando anche la Santa Sede, per togliere dal testo “i punti critici degli articoli critici 1, 4 e 7” (il messaggio era: “Se Letta non accetta, la legge Zan finirebbe male e tutta la responsabilità cadrebbe sulle spalle del Pd”). E si trova Enrico Letta che risponde: “Salvini non è l’interlocutore affidabile per una materia come questa. E’ lo stesso che sta appoggiando Orban che sta facendo una vergognosa legislazione contro tutto ciò che è diverso per la sua testa. Ecco perché noi andremo in Parlamento e lì discuteremo con chi ha voglia di discutere. Con chi ha due facce semplicemente non ci discuto: non è immaginabile che sul tema dei diritti il nostro interlocutore sia una persona che nello stesso giorno chiede a noi di trattare e sostiene che sia fatta bene la legge ungherese anti Lgbtqi”.

Pochi giorni dopo il ddl veniva sommerso di emendamenti (settecento soltanto della Lega). Alessandro Zan, deputato pd e primo firmatario della legge, scriveva su Twitter che tutti quegli emendamenti erano “il chiaro tentativo di affossare la legge. Altro che volontà di dialogo e mediazione. Salvini sui diritti conferma di avere la stessa linea di Orban”. E si cominciava a parlare del rinvio a settembre – ma a settembre la campagna per le amministrative entrerà nel vivo, per non dire delle scadenze attuali (decreti da approvare prima della pausa estiva). Altri pochi giorni, e la lotta dura sul ddl Zan veniva travolta da quella sulla giustizia, e sottotraccia nel Pd si rilevavano perplessità: il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini invitava i compagni dem  a sedersi al tavolo delle trattative per avere comunque in tempi brevi la legge, e nella componente ex renziana del partito si spingeva per l’accordo con Italia viva e il centrodestra. E ieri Zan in persona diceva: “E’ importante che, di fronte al paese, la politica si assuma la responsabilità di dare una legge di civiltà che ha tutta Europa, tranne l’Italia”. 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.