Il retroscena
Scatta il semestre bianco, la ricetta di Draghi contro le bizze dei partiti: "Riforme"
Dopo il processo penale, toccherà a quello civile. Il presidente del Consiglio assicura: Chigi non diventerà una fortezza Bastiani
Da oggi fino all'elezione del capo dello Stato le Camere non possono essere sciolte. Il premier farà finita di nulla: contano il cronoprogramma e il Pnrr. I timori reali però arrivano dall'asse Pd-M5s
Un setaccio e un tamburello. Mario Draghi per affrontare il semestre bianco, che da oggi lo attende, è pronto a dotarsi di questi due oggetti. Il primo e più importante – il setaccio – gli servirà per dividere il tramestio dei partiti che vogliono e chiedono l’impossibile (con una comunicazione muscolare) dalle loro reali richieste nelle stanze che contano. Risultato: c’è uno spread niente male.
Il tamburello, con i suoi sonagli da far vibrare con foga, il premier lo userà invece per scandire il ritmo di questi sei mesi di ricreazione senza il bau bau delle elezioni: riforme, riforme, riforme. Come, d’altronde, da cronoprogramma scolpito al fianco del Pnrr. Sicché dopo la “faticosa intesa” (copyright di Palazzo Chigi) sulla riforma del processo penale, tra poco toccherà a quella sul processo civile. Senza tentennamenti, anche se potrebbero esserci nuovi scossoni.
Draghi non è spaventato dal semestre bianco – raccontato spesso come l’eden dei partiti scalmanati che saltano sugli scranni – perché se “mostrassi timori o elementi di debolezza sarebbe la fine”. E cioè la palude, il gran rodeo. Una campagna elettorale permanente prima con vista sulle amministrative di ottobre e poi in preparazione del gran ballo del Quirinale di febbraio. Se si incrociano i consiglieri di Draghi e si ricorda loro che da oggi si entra nel semestre bianco e vai a capire, un po’ tutti aprono le braccia: “Figuriamoci se possiamo permetterci battute d’arresto in piena sessione di bilancio con la nota di aggiornamento al Def”.
E quindi l’immagine di un Giovanni Drogo rinchiuso nella fortezza di Palazzo Chigi in attesa dell’assalto dei tartari della sua maggioranza non c’è. Continuerà il suo “distacco ancestrale” dalle beghe interne.
Allo stesso tempo, però, Draghi racconta di essere consapevole che in questi sei mesi in Parlamento “qualcosa potrebbe cambiare per via dei player che dominano le singole forze che mi sostengono”. Il pensiero corre ai rossogialli. Dalle parti dell’ex banchiere non si esclude di avere a che fare ancora con le minacce di Giuseppe Conte, seguìto, per vedere l’effetto che fa, dal Pd, a volte sorprendente (in negativo). Nessuno crede in uno strappo del M5s, ma in nuove defezioni sì. Diversa la dinamica con la Lega: Salvini abbaia (ora ce l’ha con il Viminale per gli sbarchi) e Giorgetti smorza. Con divisione teatrale dei ruoli. Saranno dunque per il premier sei mesi di lavoro normale, con due settimane di relax (la seconda e la terza di agosto).