L'intervento
Dai referendum una spinta per la giustizia. Un po' di idee
Dopo la riforma Cartabia serve continuare a curare la giustizia. Goffredo Bettini ci spiega perché firma per il referendum
È stata approvata in Parlamento la legge Cartabia: un passo in avanti di grande importanza circa i temi della giustizia italiana. Nella fase conclusiva si è arrivati a un compromesso, che non cambia la sostanza del testo varato dal governo Draghi. Anche in questa circostanza il presidente del Consiglio ha dimostrato di non essere solo un alto garante dei “conti” del paese e della sua credibilità internazionale, ma un sapiente politico, in grado di confrontarsi con una dialettica forte e inevitabile nella maggioranza così variegata che lo sostiene. Sulle regole di comportamento per il controllo della pandemia, sulla utilità del reddito di cittadinanza, sulle nomine (penso alla Rai) si avverte una guida che rafforza e unisce la Repubblica.
Con la legge Cartabia i passi in avanti sono evidenti: si stabiliscono tempi certi sulla prescrizione. È una spinta a svolgere i processi in modo più rapido ed efficiente, dando soddisfazione sia agli imputati che hanno diritto alla sentenza che li riguarda, sia alle vittime dei reati che pretendono giustizia. Inoltre, la riforma si fa carico anche del contenimento delle indagini preliminari, per dare uno spazio adeguato al dibattimento, al confronto tra l’accusa e la difesa che sono la via maestra di un accertamento della verità. Naturalmente il risultato raggiunto, merito anche di un lavoro parlamentare davvero pregevole e seriamente impegnato, non esaurisce tutti i campi di intervento per guarire una giustizia “malata”.
Siamo ancora lontani da uno stato democratico che da una parte agisce con fermezza per ridurre e punire la criminalità e dall’altra possiede quello spessore umano indispensabile per non distruggere le persone attraverso forme di vendetta, di sofferenza e di umiliazione. La giustizia penale e civile, dunque, deve costituire un terreno permanente di riflessione, di cambiamento e di miglioramento. Per rendere più agevole il lavoro difficile, talvolta eroico, della maggioranza dei magistrati che quotidianamente è in trincea e per dare sicurezza e garanzie a tutti i cittadini: ai presunti colpevoli, ai detenuti, agli offesi. Servirebbe certo una riforma complessiva. Eppure, come spinta al dibattito e all’azione concreta ho annunciato da tempo che avrei firmato alcuni referendum proposti dai Radicali. Lo farò martedì mattina recandomi proprio nella sede del Partito radicale. Anche, debbo dire, nel ricordo affettuoso di Marco Pannella, che mi è stato amico, con il quale mai si interruppe un dialogo sincero e affettuoso e il gusto di svolgere battaglie comuni. Ci dividevano molte questioni: ma certamente ci univa la “religione” della Repubblica, lo spirito libertario e la sacralità dei diritti, anche quelli più intimi, di tutti gli esseri umani. Egli, per me, rimarrà sempre nel pantheon di quelle grandi e rare personalità che nei trent’anni gloriosi della democrazia italiana hanno modernizzato e resa più civile la nazione.
Sicuramente firmerò il referendum che riguarda la custodia cautelare. Riferendomi anche al lavoro prezioso che nel passato il ministro Orlando ha svolto su questo tema. Così come mi pare sensata l’abrogazione della legge Severino in materia di candidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, ben prima di un accertamento definitivo di responsabilità. Infine, seppure è un tema aperto e controverso, ritengo che la separazione delle carriere nella magistratura garantisca una maggiore terzietà del giudice, nel corso del processo, determinando un equilibrio paritario tra accusa e difesa. Appare a me, invece, allo stato attuale non condivisibile l’azione diretta di risarcimento nei confronti dei magistrati qualora si evidenziasse per l’imputato un danno materiale e morale ingiusto, che va sanato in forme diverse. L’azione diretta, infatti, soprattutto da parte degli imputati che hanno maggiore forza finanziaria e relazionale può creare un clima di intimidazione a procedere nei loro confronti.
Sugli altri quesiti posti dai referendum penso ci siano spazi più facilmente praticabili in sede parlamentare. Non mi sfugge affatto che i referendum siano diventati una clava politica strumentale, in particolare per quanto riguarda la Lega. Ciò non toglie le ragioni, ma anzi le fortifica, di un impegno libero e schietto da parte della sinistra; perché è a tutti chiaro che la Lega nella sua medesima natura non ha nulla a che fare con i princìpi di tutela delle libertà personali e di quelli sinceramente liberali. La sua storia lo dimostra: l’esposizione dei cappi in Parlamento, il respingimento degli immigrati indifesi, il fomentare la paura populista nei confronti dell’altro, il legittimare l’uso delle armi anche quando non è necessario. Proprio per questo, guai a lasciare a loro gli ideali che sono nostri; propri di una sinistra innovativa, moderna, critica e libertaria.