Oltre il medagliere c'è di più
Resilienza, lezioni olimpiche
Il successo degli azzurri a Tokyo 2020 non è la biografia della nazione ma la fotografia di uno spirito del tempo: come rialzarsi dopo una caduta. Storie esemplari di riscatto, con pillole di ottimismo
Cadere e rialzarsi. Sarebbe un po’ banale dire come ha fatto qualcuno che i risultati ottenuti alle Olimpiadi di Tokyo dall’Italia rappresentano solo la biografia di una nazione in crescita, in ripresa e in cerca di successi, e sarebbe un po’ scontato sostenere che i record ottenuti dall’Italia alle Olimpiadi siano lo specchio simmetrico dei record che l’Italia potrebbe ottenere su altri fronti non necessariamente sportivi. A Tokyo, se davvero vogliamo trovare un piccolo filo conduttore che tenga insieme le storie sportive con le storie di un paese, è successo qualcosa di più interessante, che forse va ben al di là dei singoli successi ottenuti dai nostri atleti, ed è successo che ciascuno di noi, attraverso le storie degli olimpionici, ha potuto intravedere in filigrana più che una biografia di una nazione una precisa fotografia di uno stato d’animo. Puoi chiamarlo riscatto, puoi chiamarla redenzione, puoi chiamarla resilienza ma il risultato alla fine non cambia.
E la verità è che la storia di queste pazze e quasi impossibili Olimpiadi fotografa un particolare Zeitgeist pandemico, non solo quello di chi cerca belle notizie in un oceano di notizie difficili ma anche quello di chi cerca storie esemplari che permettano di ricordare come ci si può rialzare dopo le cadute. Cadere e rialzarsi. E il ragionamento, ovviamente, non vale solo per l’organizzazione delle Olimpiadi, che nonostante l’assenza di pubblico, nonostante gli spalti vuoti, ci hanno aiutato a ricordare che la pandemia non sappiamo ancora quando finirà ma sappiamo che con qualche sforzo si può governare e domare. Ma vale anche per molti degli atleti che hanno conquistato in queste settimane una serie di medaglie e, dopo essersi allenati in questi mesi nelle situazioni più improbabili, chiusi nelle loro stanze, costretti a nuotare senz’acqua, a correre sul posto, a saltare sulle scatole di scarpe, hanno offerto in modo diverso delle piccole lezioni di riscatto. Cadere e rialzarsi. Sono state le Olimpiadi del riscatto per Marcell Jacobs, due ori olimpici, uno nei cento metri e uno nella staffetta 4X100, e una vita alle spalle complicata, con un papà scappato via quando Jacobs aveva pochi mesi e una mamma coraggiosa, innamorata della vita, che, da giovanissima, lo ha cresciuto da solo.
Sono state le Olimpiadi del riscatto per Fausto Desalu, oro nella 4X100, abbandonato anche lui dal padre e cresciuto anche lui solo con una madre coraggiosa, che per una vita, per aiutare il figlio, se l’è cavata lavorando come possibile, raccogliendo pomodori, lavorando come operaia in un caseificio, trovando alcuni impieghi in una casa di riposo. Sono state le olimpiadi del riscatto ovviamente anche per Gianmarco Tamberi, oro nel salto in alto, arrivato a Tokyo con il suo gesso dopo essere stato costretto a rinunciare alle ultime Olimpiadi a causa della improvvisa rottura del tendine d’Achille. Sono state le olimpiadi del riscatto per Vanessa Ferrari, argento nella ginnastica artistica, arrivata sul podio di Tokyo con un’età inusuale, trent’anni, moltissimo per una ginnasta, e arrivata a raggiungere il suo obiettivo dopo essersi rotta anche lei, anni fa, nel 2017, il tendine d’Achille.
Sono state le Olimpiadi del riscatto per Filippo Tortu, oro nella quattro per cento, primatista italiano nei cento metri prima dell’oro di Jacobs, che ha passato gli ultimi anni a rincorrere la sua ombra, senza riuscire più a trovare il ritmo giusto per essere quello che era stato, e che il passo perfetto lo ha trovato negli ultimi 100 metri delle Olimpiadi, in quella volata indimenticabile contro il rivale inglese (“Is it gonna be gold for Great Britain? Oh, no”). Sono state le Olimpiadi del riscatto poi anche per Aldo Montano, medaglia d’argento nella sciabola a squadra a un’età quasi impossibile per un atleta olimpico, 42 anni. E Olimpiadi del riscatto lo sono state anche per Gregorio Paltrinieri, argento negli 800 stile libero e bronzo nella 10 km maschile a nuoto, arrivato a questo risultato dopo essere stato messo ko da una mononucleosi, che qualche settimana prima delle Olimpiadi aveva colpito anche un’altra olimpionica salita sul podio, Maria Centracchio, bronzo nel judo, dopo aver fatto i conti quest’anno anche con il Covid.
E un riscatto, le Olimpiadi, sono state anche per Marco Di Costanzo, bronzo nel quattro senza del canottaggio da riserva, svegliato a pochi minuti dalla gara per sostituire un suo compagno di squadra titolare improvvisamente positivo al Covid, stessa sorte di Alberta Santuccio, bronzo nella spada a squadre di scherma, nonostante un ingresso in pedana da riserva. Così come lo sono state per Antonino Pizzolato, medaglia di bronzo nel sollevamento pesi, che pochi mesi prima delle Olimpiadi ha perso tutti e quattro i suoi nonni, a cui ha dedicato la sua medaglia, e così come lo sono state anche per Diana Bacosi, medaglia d’argento nello skeet, arrivata al risultato dopo mesi difficili, neri, di depressione, non nascosti ma raccontati, spiegati e descritti persino nei dettagli. “Ho avuto grosse difficoltà, anche sportive, ho attraversato un momento nero. Potevo vincere, ma sapendo da dove sono partita, sono contenta ugualmente. E vorrei dedicare questa medaglia agli italiani, perché la pandemia ci ha messo in ginocchio, ma siamo e saremo capaci di rialzarci, nella vita come nello sport”. Cadere e rialzarsi imparando a osservare il bicchiere mezzo pieno piuttosto che quello mezzo vuoto e abituandosi ad apprezzare i talenti per quello che sono e non per quello che dovrebbero essere. L’Italia della post pandemia, in fondo, è tutta qui.