Il quartier generale della Commissione europea a Bruxelles (Ansa)

La stagione della riscossa

La buona stella d'Europa

Claudio Cerasa

La pandemia ha mostrato che dittature e democrature non funzionano. Invece l’occidente ha avuto successo con libertà politica e società aperta. E l’Ue sta facendo anche meglio degli Usa

Ha scritto il Point, in un bellissimo editoriale dedicato alla Cina, che la fase della post emergenza pandemica è qui a testimoniarci un dato politico molto importante, che riguarda una verità cruciale di cui ancora oggi, noi europei, facciamo fatica a renderci conto. E la verità è questa: le risposte statali messe in campo contro l’emergenza pandemica non hanno rafforzato, come si temeva, le non democrazie, ma hanno permesso alle democrazie più mature di rilanciare alcuni valori, scusate la parola, che hanno permesso alle società occidentali di avere un discreto successo: il rischio ragionato, la collaborazione tra stato e mercato, la società aperta, il mercato libero, il capitalismo ponderato, la scommessa del welfare, la vittoria della libertà politica.

 

Essere ottimisti in una stagione pandemica non è semplice, lo sappiamo, anche se è difficile non essere fiduciosi sul futuro dell’occidente osservando per esempio il modo diverso in cui funzionano i vaccini nati sulla dorsale occidentale, liberale e capitalistica e quelli nati sulla dorsale nazionalistica (vaccini cinesi e russi no, grazie). Ma se si ha la pazienza di allargare per un istante la nostra inquadratura, senza concentrarci troppo sui singoli fotogrammi, si capirà facilmente che, a un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, a fare la cosiddetta parte del leone oggi è una particolarissima società occidentale, che coincide perfettamente con il profilo dell’Europa. L’Europa, senza la quale non sarebbe stata trovata la formula magica per inventare i nuovi rivoluzionari vaccini a mRna (Dio benedica i turco-tedeschi di BioNTech), sta vincendo la sfida dei vaccini, e dopo molte lacrime versate per i nostri ritardi in questo momento gli stati dell’Unione europea, rispetto alla popolazione, hanno un numero di vaccinati con due dosi superiore a quello degli Stati Uniti (51,9 per cento contro 49,8 per cento: l’Italia è al 55,7 per cento).

 

L’Europa, poi, sta vincendo anche la campagna relativa alle misure necessarie per combattere la pandemia dei non vaccinati, e una misura come il green pass, con tutti i suoi difetti, è una misura che, incentivando le vaccinazioni senza passare dall’obbligo, viene invidiata da molti osservatori e politici americani (sul tema green pass, ha scritto il New York Times pochi giorni fa, l’Italia ha mostrato di essere all’interno di una formidabile “stagione di razionalità”). L’Europa, ancora, sta tenendo bene anche sul fronte della ripresa (la crescita consolidata per il 2021 è intorno al 5 per cento, un punto in meno rispetto agli Stati Uniti), ha dimostrato di saper tenere bene anche sul fronte del lavoro (la disoccupazione europea è al 7,9 per cento), è riuscita a imporre un modello di welfare che ha limitato al massimo le esasperazioni sociali (in fondo un giorno potremo ringraziare il governo precedente e quello attuale per aver mantenuto per il tempo necessario il blocco dei licenziamenti nel nostro paese), è riuscita a mettere insieme un mix di regole, di protezione e di libertà che alla lunga potrebbe affermarsi come vincente (i turisti, in questa estate, circolano liberamente all’interno dell’Unione europea, mentre, per dire, non possono fare lo stesso tra Stati Uniti e Canada).

 

E nel giro di qualche mese, mentre osservava i suoi nemici indebolirsi, mentre osservava le contorsioni delle democrature, mentre osservava le difficoltà delle dittature, mentre osservava l’inconsistenza dei suoi avversari interni, mentre osservava le inversioni di marcia dei populisti, l’Europa ha dimostrato, di essere persino un gigante politico, e non solo economico, riuscendo a mutualizzare i debiti dei suoi paesi membri, riuscendo a rafforzare due istituzioni lungimiranti come Commissione e Bce, riuscendo a trovare una strategia comune e non egoistica per combattere la pandemia e riuscendo persino a trasformare la collaborazione tra istituzioni europee e istituzioni nazionali non in un incubo da evitare ma in una opportunità da sfruttare (persino la Polonia, per avere i fondi dell’Unione europea, è stata costretta a cambiare la sua impresentabile riforma della giustizia).

 

La fotografia del gigante economico che nella stagione della riscossa delle democrazie occidentali è riuscito a dimostrare di essere anche un gigante politico è una fotografia che non può prescindere dalle basi fragili su cui questo equilibrio si basa e non può prescindere ovviamente dalle molte minacce che si profilano all’orizzonte: le ondate migratorie in arrivo dal nord Africa e dall’Afghanistan, le non scontate sfide elettorali di Francia e Germania, la traiettoria nazionalistica della politica italiana, la miccia sovranista rappresentata dall’Ungheria e il rischio di una nuova stagione terroristica favorito da un non inevitabile disimpegno militare dell’occidente in luoghi delicati del medio oriente. I rischi ci sono, e non sono pochi, ma l’occasione resta e, per la disperazione dei nemici dell’occidente, consegna al mondo un’Europa più forte, più solidale, più consapevole, pronta a diventare, anche grazie al nuovo corso americano, la portaerei della libertà più importante del mondo.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.