Conte vuole leggi speciali per Milano, e Raggi sbuffa. I mugugni del Campidoglio
Suona un po’ così: al Pd le avances, alla sindaca i silenzi. Ma almeno per ora tutti nel Movimento ostentano unità
Un lungo intervento per presentare il nuovo Movimento 5 stelle al nord produttivo. In più, una promessa. Una legge speciale per Milano perché torni “la locomotiva del Paese”. Quando ieri in Campidoglio hanno letto la lunga lettera del neo presidente del M5s Giuseppe Conte sul Corriere della Sera, qualcuno deve essersi strofinato gli occhi. Ma come, per anni quando era a Palazzo Chigi gli abbiamo chiesto leggi e poteri straordinari e adesso questo che fa, parla di una legge speciale per Milano? Anche perché, subito, la lettera dell’ex premier è diventata argomento da campagna elettorale. Il candidato del centrodestra, Enrico Michetti, ha pubblicato una foto di Conte che saluta con la scritta “I cinque stelle scelgono Milano” e in allegato le dichiarazioni d’amor meneghino. Ma Virginia Raggi preferisce evitare scontri. “Qualcuno – è la sua linea – vuole maliziosamente interpretare le parole di Conte per fare credere che non ami Roma, ma non è così: è stato in prima linea per far arrivare in Parlamento il progetto di legge per dare alla Capitale i poteri che le spettano”. Parole distensive che odorano di tattica, di gioco d’equilibrio.
L’ex premier parla di Milano e non lo fa a caso. Nel capoluogo lombardo il capo del neo M5s sogna ancora quello che a Roma Raggi ha impedito: un apparentamento con il Pd già al primo turno (si accontenterebbe di poter sostenere Beppe Sala). E allora quella lettera pesa ancora di più. Suona un po’ così: al Pd le avances, alla sindaca i silenzi. Ma è tempo di dissimulare, di ostentare unità.
Siamo comunque solo all’ultimo episodio di un rapporto – quello tra Raggi e il neo capo della baracca grillina – piuttosto complicato. D’altronde definire tiepido il sostegno riservato da Conte alla sindaca è un eufemismo. Ancora leader in pectore, l’ex premier sperava di convincere Raggi a non candidarsi per favorire l’allenza rossogialla. Auspicio disatteso e sostegno forzato alla sindaca, scomoda, ma pur sempre amatissima dalla base. Da allora è venuto fuori un po’ di tutto.
Da ultimo, solo qualche giorno fa, una suggestione troppo raccontata sui giornali che ha innervosito il Campidoglio e costretto lo staff di Conte a far girare una smentita eloquente. “La notizia secondo cui Giuseppe Conte avrebbe stretto un accordo con il Partito democratico per sostenere al ballottaggio nelle comunali di Roma Roberto Gualtieri in cambio di un appoggio per le elezioni suppletive nel collegio uninominale Roma Centro è totalmente priva di fondamento”.
Conte è costretto a surfare fra il suo ruolo da leader che vuole organica l’alleanza con il Pd (sperando nel ritorno a Palazzo Chigi) e quello di capo del partito di Virginia Raggi, che si contende la carica di sindaco, con Roberto Gualtieri, ex ministro dell’Economia del Conte II. Roba da equilibristi professionisti.
E infatti l’ex premier ha dovuto rinunciare ad un’altra idea, quella di candidarsi per il collegio uninominale di Primavalle come uomo dell’alleanza M5s-Pd. Nella borgata romana si voterà proprio gli stessi giorni delle amministrative (il 3 e 4 ottobre). E gli elettori avrebbero trovato su una scheda dem e grillini divisi – da un lato Raggi e dall’altra Gualtieri –, su un’altra i due simboli affiancati a sostegno, addirittura, del leader del Movimento. Un bel cortocircuito. L’idea è tramontata, ma il collegio di Primavalle rimane un cruccio per Conte.
Giuseppi poi, negli scorsi giorni, aveva pensato a un esordio elettorale differente. Presentarsi come capolista alle amministrative di Napoli, l’unica città importante dove l’accordo, su un ex ministro del suo governo, Gaetano Manfredi, è stato trovato subito. Anche questa ipotesi è stata smentita, ma dà la dimensione di quanto per l’ex premier sia essenziale confermarsi come l’uomo dell’allenza rossogialla. Parla di Milano, si adopera per Napoli. E Roma? Sostenere Virginia Raggi è davvero scomodo.