L'intervento
Draghi annuncia un asse con Merkel per risolvere la crisi in Afghanistan. Il ruolo di Russia e Cina
"Il sacrificio non è stato vano. L'Europa sarà all'altezza"
Draghi si rivolge al paese e alle famiglie dei militari italiani caduti: "Sono eroi". Annuncia la collaborazione con paesi come Russia e Cina in vista del prossimo G20 a presidenza italiana. La prossima settimana possibile telefonata con Putin
Ha rotto quello che alcuni chiamavano già silenzio e lo ha fatto nella maniera più semplice e imprevedibile. Mario Draghi ha rilasciato la sua prima intervista da premier alle ore 20, su Rai Uno, al Tg1, dal suo studio di Palazzo Chigi. Ha risposto alle domande su una guerra che l’America e l’Occidente, in Afghanistan, hanno perduto. Ha parlato di “diritti”, “coraggio”, “valori”, inviato un messaggio a tutte le famiglie dei 54 soldati italiani caduti e dei 700 feriti: “Il loro sacrificio non è stato vano. Hanno fatto del bene. Per me, per tutti gli italiani – e lo dico alle loro famiglie – loro sono eroi”.
Ha anticipato che l’Italia si renderà protagonista perché chiamata a presiedere il prossimo G20 e che con la Germania, con la sua cancelliera Angela Markel, si ragiona su come garantire la “protezione umanitaria, il rimpatrio, a chi ha collaborato con le istituzioni”. L’Europa guarda adesso a Roma e a Berlino e l’Europa, ha promesso Draghi, “sarà all’altezza”. E ha come sentito il bisogno di anticipare quello che è, e sarà, il principio di realtà: si cercherà una soluzione diplomatica insieme a paesi come Cina, Russia, Arabia Saudita, Turchia. Scartata l’idea del videomessaggio perché ritenuto insufficiente, convinto della necessità che non bastasse una nota ma neppure parole frettolose, il premier ha infatti deciso che la formula più giusta fosse la più diretta. Non ha comunicato a nessuno il suo rientro a Roma.
Ha chiesto il riserbo. L’ha ottenuto. Nel pomeriggio ha prima atteso che il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, partecipasse al Consiglio Affari Esteri Ue. Successivamente il suo intervento. Era del resto atteso dai ministri del governo, gli stessi che in questi giorni hanno preferito tacere. In serata, il premier ha accettato dunque l’intervista perché ritenuta una formula “calda” e “urgente”. Si voleva “prima di tutto” ringraziare quel mondo di cooperazione sotterranea che da oltre vent’anni si è speso nelle operazioni, rompere l’idea dell’inutilità e la certezza che quel “bene” lascerà una “traccia profonda nella società afghana”. Perché si è atteso di parlare a distanza di alcuni giorni dall’ingresso dei talebani a Kabul? E’ Draghi stesso ad averlo motivato: “La prima cosa che bisogna fare adesso forse non è la più importante. Ma la prima cosa è riflettere sull’esperienza avvenuta”. Con i suoi diplomatici e i suoi collaboratori condivide l’idea che non sono i talebani ad aver vinto ma l’Occidente ad avere perso. Ha suggerito l’autoanalisi perché “il bilancio che noi traiamo non è un bilancio solo sulla guerra in Afghanistan ma è il bilancio di questi ultimi vent’anni e del ruolo che l’Occidente ha avuto nel mondo arabo”.
E’ chiaro che il dopo Afghanistan riscriverà molte delle relazioni internazionali e che nuovi big player entreranno in questa “grande opera di collaborazione mondiale”. Sono stati come Cina e Russia. Siedono già nel G20, un tavolo che da domani diventerà il foro internazionale più rilevante: è destinato a essere quello e non più il G7 la stanza dove si tenta di aggiustare il mondo. La presidenza, in questo momento, è di competenza italiana. Già dal prossimo mese c’è un appuntamento fissato. E’ quello di Santa Margherita Ligure e sarà dedicato alle donne. La prossima settimana ci potrebbe essere invece una conversazione fra Draghi e Vladimir Putin. Da domani, a questo governo, toccherà anche questo: il compito di ripensare oltre un secolo di mappe.