Le lezioni della storia
Caro Letta, esportare la democrazia non è mai stato un errore
Le stupidaggini del segretario del Pd, a partire dal Muro di Berlino. Meglio farebbe a tornare agli studi
Enrico Letta ripeteva stancamente ieri che non si può esportare la democrazia e aggiungeva che questa convinzione errata comincia dalla caduta del Muro di Berlino. È imbarazzante dovergli ricordare che con la caduta del Muro di Berlino, 1989, finì la Guerra fredda e la Germania est, la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Romania, la Bulgaria, i paesi del Baltico, l’Ucraina e altri, compresa la Russia, importarono forme di vita istituzionale e sociale di tipo democratico. Lo stesso avvenne per il Giappone e la Corea.
La democrazia in Europa fu restaurata grazie all’alleanza combattente anglo-americana, con il contributo della France Libre e la cooperazione dei movimenti di resistenza; furono della partita antinazista i sovietici di Stalin, e furono decisivi nello slancio patriottico contro l’invasione hitleriana, ma la Guerra fredda nacque dopo il compromesso di Yalta, che aveva consentito l’esportazione della non-democrazia nei paesi occupati dall’Armata rossa, e si risolse a vantaggio di chi aveva per molti decenni contenuto il comunismo espansionista e poi attuato il roll back, appunto fino alla caduta del Muro di Berlino e di lì a poco alla fine del Partito comunista dell’Unione sovietica e del suo potere imperiale. Un risultato decisivo ma non scontato, come dimostra l’espansione delle democrature da Mosca a Budapest a Varsavia.
Le potenze vincitrici hanno occupato Berlino ovest dal 1945 fino al 1989, 44 anni, più del doppio della durata dell’operazione politico-militare in Afghanistan, e gli americani sono tuttora in Corea e, se è per questo, attraverso la Nato sono ancora un elemento di protezione e deterrenza in Europa. Liberazione, ricostruzione, rinascita costituzionale della Germania, impresa di progressiva unificazione europea, con il contributo delle classi dirigenti democratiche riemerse nel Dopoguerra e figlie delle baionette di Omaha Beach: questi furono tutti fenomeni legati all’esportazione della democrazia. Davvero quel che è seguito all’11 settembre del 2001 è effetto, come dice Letta, di una reazione sproporzionata degli americani a un attentato?
Perché il segretario di un partito che ha nel nome la democrazia e di mestiere fa anche il professore di Scienze politiche si sente libero di dire queste balle? Il luogo comune ideologico improntato alla scuola disfattista cancella storia e realtà, procura consensi nei bassifondi dell’opinione pubblica mediatizzata e lobotomizzata nell’inerzia, ma non bisognerebbe riservare l’ignoranza agli ignari?
L’interdipendenza dei sistemi di vita, dei regimi politici, delle culture, della rete dei diritti umani è un fatto. L’esportazione di democrazia e antidemocrazia è un elemento chiave di questo panorama, che certo non è composto di equazioni e teoremi brutali, di vie spicce, di esibizione muscolare della potenza, procede per vie curve, lungo sinuose piene di trappole e di errori, percorsi che non esprimono una moralità o superiorità antropologica da sbandierare, ci mancherebbe. La storia ripartisce violenze e forzature autocontraddittorie in ogni campo, basti pensare alla grande impresa politica e religiosa dell’eguaglianza di diritto e dell’indipendenza americana proceduta insieme con schiavitù e segregazione razziale per oltre un secolo e mezzo, al furore giacobino e napoleonico nell’affermazione dell’universalismo e dei droits de l’homme, ai drammi del colonialismo e del capitalismo nel suo spirito animale onnivoro.
Il carattere naturalmente espansivo dei sistemi di vita e di organizzazione sociale, come l’affermazione dei princìpi dell’illuminismo in occidente, non è una lezioncina di etica pubblica, non è una passeggiata incantata tra bellurie e buoni propositi, ma se togli l’interdipendenza e la correlazione di fatti e criteri di valore hai tolto tutto quello che fa del mondo un luogo vivibile di ragione e di speranza. Ogni tanto sono preso dalla spiacevole sensazione che certi politici rispettabili, ma lesti nell’afferrare il peggio delle idées reçues e della bêtise per esercitare una retorica facile, dovrebbero tornare ai loro studi, e approfondirli.