L'intervista

"Mai legittimare i talebani e il loro orrore". Parla Emanuela Del Re, Rappresentante speciale Ue

"I talebani sono ancora più pericolosi di prima"

Carmelo Caruso

La violazione dei diritti umani dei talebani, il loro modello fatto di intimidazioni. "Si deve provare a dialogare per fare avere aiuto al popolo afghano, ma mai riconoscere e legittimare i talebani", ci dice l'ex viceministra degli Esteri

Ecco un’intervista per tutti quelli che parlano ancora di talebani “moderati” e “democristiani”. La Rappresentante speciale della Ue per il Sahel vi racconta chi ha preso il potere in Afghanistan. Si chiama Emanuela Del Re ed è la prima italiana a ricoprire questo incarico di prestigio. E’ un’esperta di conflitti etnici,  di cooperazione internazionale. E’ stata nominata su indicazione di Josep Borrell che è l’Alto rappresentante Ue. E’ già stata viceministra degli Esteri nei due governi  Conte, ed eletta deputata con il M5s. La prima domanda. Lei che conosce il medio oriente, per averlo studiato e visitato, vuole spiegare chi sono i talebani? “Dopo l’invasione sovietica dell’Afghanistan  hanno assunto posizioni sempre più rigide. Sono spesso frutto di forme sincretiche tra tradizioni culturali locali e interpretazioni radicali dell’Islam. Più che di valori religiosi si tratta di una ideologia che essi definiscono come ‘innovativa’ ma riporta a valori e costumi per lo più del passato. Anche oggi ripropongono lo stesso modello con la sharia. E’ vero che i talebani sono cambiati in questi vent’anni. Hanno appreso molto dalla nostra presenza e dal nostro operato. Si muovono agevolmente sul piano globale. E infatti sono più pericolosi”.


Emanuela Del Re, vuole ricordare quali diritti hanno calpestato? “E’ difficile conciliare i diritti umani universali con il modello talebano. Un modello che propone un contratto sociale basato sull’affermazione del potere attraverso l’intimidazione e l’annientamento. E’ il caso delle donne, ma riguarda anche il modo di gestire la giustizia. Esecuzioni pubbliche, condanne senza processo, matrimoni precoci, bambini soldato, persecuzioni di minoranze etnico-religiose”. Cosa può fare l’Italia? “L’azione politica del presidente Mario Draghi, sempre in contatto con i suoi omologhi, tra cui Putin e Johnson, di concerto con le azioni del Ministro Di Maio presso la Nato e l’UE, è importantissima. L’Italia è un attore fondamentale. Il G20, che l’Italia presiede quest’anno, è un’ottima piattaforma per affrontare la questione afghana. Noi italiani dobbiamo credere in noi stessi, perché la credibilità dell’Italia oggi è indubbia”.


Veniamo alla conferenza stampa dei talebani. Lei crede alle loro rassicurazioni? “Se da una parte non siamo stati in grado di rendere veramente sostenibili le riforme democratiche – il processo si è drammaticamente interrotto – dall’altra il modello fondamentalista ha dimostrato molte volte di non essere sostenibile perché è fragile dal punto di vista politico, economico e sociale proprio perché la sua struttura si basa sul terrore e l’intimidazione. Ed è crollato come un castello di carte al primo soffio, quando abbiamo saputo soffiare, come ad esempio su Daesh. La partita dell’Afghanistan non è solo di quel paese, ma è la partita del secolo per noi”.

 

Una domanda ma soprattutto una risposta che fa chiarezza. Del Re, con i talebani si deve mediare? “Il concetto di dialogo è complesso, ma proprio per questo deve essere attentamente valutato. Attenzione, però. Nel caso afghano dialogare e mediare non significa legittimare. Borrell ha detto che parlare non significa riconoscere. E’ necessario trovare forme di interlocuzione con i talebani ad esempio per inviare aiuti umanitari alla popolazione afghana, visto che sono al potere. Importante allargare la carta geografica ad altri paesi, soprattutto nella regione, per comprenderne le posizioni e studiare strategie realmente efficaci. Mi riferisco soprattutto ai paesi che si sono già espressi a favore di un riconoscimento dei talebani, come Russia, Cina, Pakistan. Attori strategici”. Cosa non si può negoziare? “L’adesione al diritto umanitario internazionale: su questi dobbiamo essere inflessibili e coerenti”. Si parla di rastrellamenti in queste ore per chi ha collaborato con gli occidentali. Cosa rischiano? “La vita. Sono in contatto con persone terrorizzate. Speriamo di poter soccorrere più persone possibili”.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio