Il colloquio
Ricciardi: “Sì all'obbligo vaccinale, ma prima green pass ovunque”
Il consulente del ministro Speranza: “Quello dei sindacati sui vaccini è analfabetismo scientifico. Sull'obbligo decida la politica. L'importante è evitare nuove chiusure”
“Io sono favorevole all’obbligo vaccinale. Ma è chiaro che la scelta è tutta di natura politica”. Quello che sembra suggerire Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, è uno sforzo ulteriore per anticipare il virus, cercando di evitare gli errori dello scorso inverno. “Grazie alle misure messe in campo abbiamo invertito la curva epidemica, ma non ci possiamo accontentare, perché con la variante Delta l’immunità di popolazione arriverà solo con il 95 per cento dei vaccinati”, dice al Foglio il professore di Igiene alla Cattolica.
Con un ritmo di immunizzazioni che ad agosto si è più che dimezzato, vuol dire che l’obbligo vaccinale non può continuare a essere un tabù? “No, anche se da ora in avanti la pandemia sarà più una questione individuale che collettiva. Ecco perché tenterei prima la via della persuasione attraverso i medici di medicina generale, che possono intercettare un gran numero di indecisi. Poi se entro ottobre non saremo arrivati alla soglia dell’80 per cento di immunizzati, la politica dovrà prendere una decisione”. Gli over 50 senza profilassi sono ancora oltre 4 milioni. In quale altro modo se non con l’obbligo vaccinale li si può andare a stanare? “Con un green pass esteso a qualsiasi ambito della socialità”, risponde Ricciardi.
“Non solo quindi per i grandi eventi ma anche sui bus, in metropolitana, per accedere al posto di lavoro”, aggiunge l'igienista. “Se lo avessimo adottato anche a luglio e agosto, probabilmente regioni turistiche come la Sicilia e la Sardegna non rischierebbero di finire in zona gialla”. E però i sindacati sull’utilizzo del certificato verde in azienda hanno già espresso tutte le loro rimostranze. Una reazione che l’ex presidente dell’Istituto superiore di Sanità giudica “una vera e propria battaglia di retroguardia. Già oggi nei contratti collettivi è previsto una sorta di obbligo, laddove si stabilisce che le aziende debbano garantire la sicurezza dei lavoratori con il massimo delle tecnologie disponibili. Il caso dei metalmeccanici di Leonardo, per cui ‘i vaccini non sono una cura definitiva’, invece è un esempio di analfabetismo scientifico molto preoccupante”.
La loro opposizione al green pass potrebbe danneggiare anche il mondo della scuola, che alle porte del nuovo anno rischia di votarsi alla dad perenne. “L’unica soluzione per tornare in presenza è allontanare i docenti recalcitranti alla vaccinazione. Altrimenti sarà una scuola discontinua”, spiega ancora il componente della Santé Publique France, l’Iss transalpino. “In più, ci dovremo porre già da adesso il problema delle vaccinazioni per gli under 12. La Fda statunitense ieri ha approvato definitivamente il vaccino Pfizer. Le sperimentazioni tra i 9 e i 12 anni proseguono bene, il modello Israele ci sarà di esempio, e credo che potremo somministrare le prime dosi nel giro di qualche mese”.
Sulla necessità di sottoporsi a un ulteriore richiamo con una terza dose, il dibattito invece andrà avanti. “Credo che l’appello dell’Oms a vaccinare prima i paesi in via di sviluppo sia comprensibile”, puntualizza Ricciardi. “Detto questo, anche mettere in sicurezza i più fragili nei paesi ricchi è ugualmente importante. Se non saremo in grado di trasferire tecnologie e far produrre vaccini a paesi come l’India, non usciremo dalla pandemia prima del 2024”. Ultima curiosità: la preoccupano le strizzatine d’occhio ai no vax di Salvini e Meloni? “Da tecnico mi rammaricano. Da cittadino invece mi fanno semplicemente profonda tristezza”.