Il caso

Salvini condivide le sue gesta nella chat dei deputati, ma nessuno gli risponde più

Su 148 partecipanti sono sempre meno i parlamentari che intervengono per incoraggiare e sostenere Salvini. E' un fenomeno inedito. Gli ultimi esempi

Simone Canettieri

Da qualche settimana, il gruppo WhatsApp dei parlamentari leghisti non risponde più come una volta agli input del leader. Tutti segnali che infastidiscono il capo del Carroccio

Charlie, mi ricevi? Da un po’ Matteo Salvini è alle prese con un inedito silenzio, forse rivelatore di un clima ostile, o comunque cambiato, nei suoi confronti.

 

La  chat WhatsApp  dei deputati leghisti (148 partecipanti) non risponde più agli input. Qui il capo getta link, video, agenzie, articoli che lo riguardano. Ma nessuno, o quasi, gli risponde più. Nemmeno con un faccino. O con un bicipite in segno di vigore. Il giorno delle dimissioni di Claudio Durigon, Salvini ha condiviso nel gruppo la lettera d’addio del sottosegretario e il suo commento. Reazioni? Zero. Silenzio. Manco una frasetta pigra. Ci sarà da preoccuparsi? 

 

La chat dei parlamentari leghisti fino a poco tempo fa era un ingranaggio importante della bestia salviniana: una catapulta per diffondere e moltiplicare sui social il verbo del leader attraverso i suoi pretoriani. Ma anche uno spogliatoio dove gasare il Capitano. E, ovvio, un termometro. “Quando Matteo era al governo, ma anche dopo all’opposizione – ricorda un parlamentare del Carroccio – bastava che scrivesse ‘buongiorno’ che subito tutti scattavano come molle”. Il festival del salamelecco, il tripudio dell’ossequio, il galateo del potere. Meccanismi che capitano ovunque.

Quasi tutti commentiamo – a volte perché ci tocca farlo, certo – la frase del capo supremo nella chat comune, e chi non lo fa sceglie di mandare un messaggio preciso dalle mille interpretazioni (ti snobbo, ce l’ho con te, mi hai fatto arrabbiare, ma che vuoi?, oggi mi girano, lasciamo perdere).


Figurarsi nella Lega, dove Salvini è costretto a farsi largo tra le ombre di chi pensa gli abbia voltato le spalle. O che peggio ancora sarebbe pronto a tradirlo. I soliti nomi, i soliti sospetti (Luca Zaia e Giancarlo Giorgetti), le ambizioni dei giovani rampanti (Massimiliano Fedriga e Riccardo Molinari). 


E ancora: le guerre intestine e infine la consapevolezza che ormai la porta a cui bussare non è più la sua, ma quella di Giorgia Meloni. 


Ed è proprio in questo clima un po’ paranoide che si consuma il pianto della chat leghista, che non zampilla più parol d’amore. E così Salvini piazza la lettera di Durigon con tanto di commento, ma nessuno se lo fila. Zero. Nemmeno l’ultimo dei deputati. Ancora: “Sabato pomeriggio di fine agosto, piazza di Pinzolo (Trento) strapiena. Una carica di energia che ci permetterà di superare ogni ostacolo”, ha scritto l’altro giorno nel solito gruppo allegando il video del comizio. Risultato: su 148 partecipanti solo cinque deputati gli hanno dato soddisfazione. E non si tratta proprio di big: Antonietta Giacometti, Gianluca Cantalamessa, Rossano Sasso, Donatella Legnaioli, Silvana Snider. Vai, grande, siamo con te.


Non è andata meglio nemmeno con il resoconto Ansa del Meeting di Rimini. In questo caso, una volta  lanciata la notizia nella chat, le interazioni si sono fermate a due. Di recente un po’ di brio si è registrato quando il leader della Lega ha voluto condividere con i suoi deputati l’intervista al Resto del Carlino dell’assessore regionale all’Istruzione delle Marche, Giorgia Latini, che strizza l’occhio ai No pass e difende “la libertà a vaccinarsi”. In questo caso, urca, si sono svegliati in dieci, capitanati ovviamente da Claudio Borghi e a seguire la ridotta di chi è già sceso in piazza contro i provvedimenti anti-Covid. Cuoricini, complimenti, faccine sorridenti. Ma rivolte all’assessore in questione, e non al capo. Non proprio il massimo. 


Ma può una chat di parlamentari diventare un segno dei tempi? Si intuiscono anche da questi particolari i primi segnali della crisi di una leadership? C’è chi dice di sì, e chi minimizza, nella Lega. Per il resto dei commenti veri bisognerà aspettare le amministrative di ottobre su cui grava l’incubo sorpasso di Fratelli d’Italia nei voti di lista in tutte le città italiane. Toc toc, c’è nessuno? Mi sentite?
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.