All'origine del complottismo dei no vax
Gli anti vaccinisti sono sempre esistiti, ma in queste forme il movimento militante no vax è una novità. E’ nuova la motivazione del complotto, la mobilitazione attiva e con strumenti propagandistici e politici
Perché un certo numero di persone non si lascia convincere dai dati di fatto, considera con sospetto informazioni di base scientifica, contesta l’autorità sanitaria e civile, trasforma in protesta anche violenta l’opposizione ai vaccini contro il Covid, elabora e comunica sui social o in tv complicate teorie del complotto a narrare di un potere criminale intento a soggiogare libertà e autonomia dell’individuo, a modificare geneticamente la natura umana per scopi inconfessabili di dominio?
Una ragione che forse spiega il fenomeno è nel bisogno di antagonismo ideologico. Solo un conformista non capisce che esiste una diffidenza ovvia, minoritaria ma per così dire naturale, verso rimedi medici e vaccini. In certi casi, pericolosi in un regime di epidemia, ci si deve difendere da questa diffidenza con procedure di emergenza che implicano un costo per coloro che in nome della libertà di cura, principio sacrosanto, pretendono un’impossibile tolleranza verso il rischio del contagio, per sua natura un fatto di relazione con gli altri. La libertà di cura vale anche per chi non vuole esporsi all’epidemia in un ospedale, in una scuola, in una pubblica amministrazione, in un reparto di degenza per vecchi, in un mezzo di trasporto collettivo eccetera. Ma non è quello che è in questione qui.
I No vax sono sempre esistiti, ma in queste forme il movimento militante no vax è una novità, è nuova la motivazione del complotto, la mobilitazione attiva e con strumenti propagandistici e politici, l’ideologia che rigetta per ragioni antropologiche di conio libertario l’uso della mascherina, il distanziamento sociale, e si fa appello a manifestare in piazza, degenera in violenta persecuzione di operatori del settore e giornalisti, cerca di alimentare una contrapposizione di aspro sapore morale contro regole e poteri di controllo su cui si fonda da sempre la coesione di una società democratica e liberale.
Il Novecento delle guerre, compresa la lunga stagione della Guerra fredda, ha dato sfogo ampiamente al conflitto latente nella condizione umana, la pace era subordinata alla battaglia tra opposti sistemi di valore. Le classi dirigenti occidentali e i poteri totalitari avevano una forte legittimazione, organizzata secondo procedure liberali nel mondo non fascista e non comunista, e realizzata con la coazione e il conformismo di stato nei regimi autoritari di massa. Nei due sistemi in conflitto vigeva il dogma del rapporto necessario con la realtà delle cose, il mondo di guerra era un universo machiavellico, razionalità e scienza erano schierate su fronti opposti ma concorrevano a una comune base culturale di tipo strumentale. Con l’esplosione della pace è cambiato tutto. Con l’unificazione del mondo, con il mondialismo e la globalizzazione, il naturale antagonismo della natura umana non ha avuto più il suo nutrimento ideologico tradizionale, ed è cominciata la ricerca di un Ersatz, di un succedaneo, con la sostituzione a quello scontro titanico fra mondi contrapposti di un sottoprodotto capace di tornare a esprimere l’opposizione di valori contro l’acquisito pensiero dominante della pace, del progresso, della tecnologia, del primato dei mercati unificati, dei diritti.
Vale anche per l’ecologismo apocalittico, vale per gli estremismi fanatici del #MeToo, vale per la trasformazione dell’aborto in diritto della persona, vale per la cancel culture che riscrive la storia e delegittima le basi su cui fu edificato il mondo contemporaneo. L’opposizione alla scienza, copertura di un potere malsano e malintenzionato, e il rigetto delle tecnologie mediche, la mobilitazione in forme populiste e antidemocratiche del movimento che vuole cancellare le regole inique scritte da poteri delegittimati sono, per una minoranza chiassosa e furibonda di antagonisti, un capitolo della guerra culturale che fa da surrogato, in tempo di pace e convergenza universale, all’epoca delle grandi guerre guerreggiate.