La ripartenza di Palazzo Chigi

Draghi sorride delle convulsioni leghiste: "Il governo non è alla fine"

"La violenza No vax è una violenza vigliacca"

Carmelo Caruso

In una conferenza stampa che segna la ripresa, il premier ha ribadito l'invito a vaccinarsi: "Il green pass sarà esteso e si va verso l'obbligo vaccinale". Giorgetti e Zaia stanno dalla parte del premier e adesso anche Salvini glissa su Borghi. L’enigma delle due leghe

Sono così tante le notizie che il disagio è l’abbondanza. Scegliamo di partire da una che non lo è. E’ la piccola commozione del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che ieri, durante la conferenza stampa di governo, ha annunciato che i bambini vaccinati torneranno in aula senza più mascherina perché “vogliamo rivedere il loro sorriso”. Vicino a Mario Draghi perfino lui ha preso coraggio. Erano le 16 quando il premier si è presentato con un “bentrovati” e sorpreso ancora tutti. Cosa ci aspettavamo? La sua angoscia per la Lega invasata che mercoledì sera ha votato contro il Green pass. Si è scoperto invece che i prossimi provvedimenti saranno il tenero schiaffo. Chi lo ha visto da vicino ha osservato la sua abilità, ad alternare severità e quiete. L’impressione? Draghi era imperturbabile.

 

Il premier ha anticipato che si va verso l’obbligo vaccinale, terza dose e ribadito l’invito a vaccinarsi. Si deciderà come e quando con una cabina di regia che è la stanza della prudenza. Ha rivelato che il Green pass verrà esteso, che la violenza dei no vax è la violenza “odiosa e vigliacca”, più vigliacca se fatta da persone che fanno informazione. Infine la promessa: “Il governo va avanti. Io non vedo la fine”. I cartomanti che si interrogano sulla crisi dell’esecutivo, sul futuro di Draghi (Palazzo Chigi o Quirinale) si sono immalinconiti .

 

Draghi gli ha tirato le orecchie: “Trovo un po’ offensivo pensare al Quirinale come altra possibilità”. Faceva un gioco. A ogni domanda, Draghi ruotava il bicchiere vuoto e trovava il tempo per la battuta arguta, per la freddura. Caro presidente, ma cosa ne pensa degli attacchi di Salvini alla ministra Lamorgese? Non dovrebbero chiarirsi? E lui: “Penso che la ministra ha lavorato molto bene. Dovrebbe essere un chiarimento interessante. Salvini così potrà dire se ciò che non va è raffrontabile a quattro anni fa”. Significa: caro Salvini, ma i numeri li leggi? La lite tra il ministro del Lavoro, Andrea Orlando e Carlo Bonomi, presidente di Confindustria. Secondo lei si dovrebbero parlare? E lui: “Mi sembra che parlino abbastanza”.  Significa: e se si insolentissero di meno? Sull’Afghanistan, sulla difficoltà di organizzare un G20 (“ma io continuo a pensare che si farà”) veniva chiesto: presidente, non crede che ci sia inconcludenza? E lui: “C’è stato qualcuno concludente nella vicenda afghana?”. Veramente sarebbe interessante sapere come l’ha presa Salvini quando il premier ha spiegato che gli afghani sono già “rifugiati politici” per decisione del Cdm e soprattutto cosa avrà pensato quando ha letto il post di Giorgia Meloni. Ha definito la conferenza del premier “surreale”. A lui cosa resta?

 

Per farlo contento, dato che ha sempre bisogno di sentirselo dire, alla domanda “di quale Lega si fida: quella di Borghi o quella del ministro Giorgetti?”, Draghi ha risposto che la Lega è una e che ha un capo che è Salvini. Non ha detto un leader. Ha detto un capo. Se il premier non ha infierito sulla piazzata anti green pass, quella che per Letta merita “un chiarimento politico”, è perché i ministri leghisti hanno definito quanto è accaduto “qualcosa di scomposto”. I presidenti di regione come Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, Luca Zaia pensano che sono manifestazione di “folklore” e che nessuna buona ragione, anche i tamponi gratuiti, possa essere difesa da questi deputati irragionevoli. Sono quelli che stanno in ufficio e lavorano. Quelli che possono capire cosa intendesse dire Draghi con questa frase sul futuro, sulle scuole che riaprono e che si spera non debbano mai più chiudere: “Il governo questa estate non hapasseggiato. Sicuramente qualcosa andrà storto, ma ce l’abbiamo messa tutta”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio