Il caso Rimini
L'alleanza strategica Pd-Cinque stelle? Caso emblematico (di infrazione) in Romagna
Difficile adattare sui territori una formula politica nazionale, oltre che un'intera strategia. Da Rimini a Cattolica passando per Bologna, tutti gli equilibri complicati tra dem e grilllini
Era il marzo 2021. Enrico Letta, neo-segretario Pd, parlava di “alleanza strategica” con i Cinque Stelle per battere la destra. Ma da tempo il concetto si era diffuso nel partito, già espresso dal deus ex machina Goffredo Bettini, ai tempi del governo rossogiallo: “Rapporto strategico con i Cinque stelle, rendiamo stabile l’alleanza”. E però tra il dire e il fare, ora, ci sono di mezzo le amministrative, con relative alleanze spesso impossibili. O meglio: non fai in tempo ad allearti o desistere di qua (vedi Bologna), che scappa tutto di là (Rimini).
Succede infatti che proprio lungo le rive dell’Adriatico si consumi uno psicodramma sintetizzabile nella dichiarazione a Repubblica del responsabile Enti locali pd Francesco Boccia a proposito dei “grillini schierati contro i nostri candidati”. Ospite della festa dell’Unità di Rimini, infatti, il dirigente dem commentava così la decisione del M5s di sostenere Gloria Lisi, ex vicesindaca di Andrea Gnassi, ora in corsa come avversaria del candidato pd Jamil Sadegholvaad, assessore uscente: “Il M5s ha commesso una grave scorrettezza sostenendo candidati alternativi ai nostri, che per giunta provengono dal centrosinistra”, diceva Boccia. In questo modo si aiuta la coalizione opposta, era l’accusa: “Noi siamo diversi da loro, non faremo mai scorrettezze così, noi siamo per il fronte unito che sconfigge la destra. E vinceremo anche per loro”.
Il caso è emblematico della difficoltà di far entrare la formula (Pd+M5s) in una realtà che cozza contro i desideri. E siccome a Roma, a Primavalle (per le suppletive), si è arrivati a non presentare un candidato a Cinque stelle, “l’alleanza strategica” è messa in discussione anche negli ambienti parlamentari m5s: si accusa infatti sottotraccia l’ex premier Giuseppe Conte, vista la mancata presentazione di un candidato grillino, di favorire indirettamente il Pd in vista dell’eventuale ballottaggio (intanto Conte nei manifesti sorride accanto a Virginia Raggi, ma tant’è). Intanto in Emilia si ragiona sul da farsi, e non da oggi. Il 2 agosto scorso, infatti, a Bologna, durante la commemorazione per le vittime della strage, alcuni parlamentari pd accoglievano Conte al corteo con queste parole: “Presidente, a Rimini l’accordo col Pd non c’è...”. E Conte, raccontano sempre a Bologna, “aveva fatto una faccia corrucciata”. Stesso problema per Enrico Letta, che nei giorni d’estate si era trovato a benedire l’alleanza Pd-Cinque stelle nel capoluogo emiliano senza poter dire lo stesso della situazione in Romagna.
La questione Rimini infatti covava, complici antichi rancori, come spiegava alla stampa locale la consigliera regionale m5s Silvia Piccinini. E si apprendeva che la situazione era già complicata a monte, con propaggini fino a Cattolica. Mentre infatti a Bologna il capogruppo m5s in Comune Massimo Bugani cercava di cementare l’idea di alleanza strutturale con il Pd e con il candidato Matteo Lepore, i Cinque stelle, a fronte dell’appoggio eventuale a un candidato dem a Rimini, si aspettavano che il Pd sostenesse a Cattolica il sindaco uscente grillino Mariano Gennari. I colloqui erano andati avanti per un po’, specie sui temi legati all’urbanistica e al verde. Solo che non si era arrivati a una soluzione. E a quel punto si era deciso, nel Pd, di non sostenere Gennari. Motivo per cui tra i Cinque stelle si era finito per riconsiderare l’idea dell’accordo a Rimini. Come dire: se lì salta tutto, perché qui dovremmo portare avanti lo schema, adattandoci noi? Non bastasse, a Rimini il Pd si trovava ulteriori problemi in casa, diviso com’era tra esponenti pro-Gnassi (pronti a sostenere Sadegholvaad) ed esponenti pro-Emma Petitti, presidente del Consiglio regionale.
D’altronde lo aveva detto in luglio anche il presidente della Regione Stefano Bonaccini: “Se il Movimento confermerà un’impostazione europeista, riformista e progressista, allora sarà giusto considerarlo un naturale alleato del Pd. Ma a differenza di qualcuno che vede un’alleanza come già decisa a tavolino, penso che quel ‘se’ sia molto importante per costruire una coalizione larga e senza pregiudizi”.