Non un partito di Draghi, ma un partito per Draghi. Appello

Giuseppe Fioroni*

Il premier resti a Palazzo Chigi e non al Quirinale. Ci scrive l'ex ministro dell'Istruzione Fioroni 

Al direttore - A sorpresa, l’Italia ha ripreso a correre. Le previsioni indicavano per il 2021 un pil in crescita, ma non fino al punto di “sfiorare il 6 per cento”: questo, ufficialmente, ha reso noto il ministro dell’Economia. In giro c’è più fiducia, qualcosa che assomiglia all’ottimismo e che ridesta lo spirito d’iniziativa, la voglia di fare, la propensione a rimettersi in gioco. Pure lo sport fotografa la novità di un paese che pare finanche effervescente, se i successi a ripetizione, in diverse discipline, non sono un inganno. Nei riguardi delle istituzioni si palesa altresì un sentimento di confidenza che smentisce, almeno per ora, la supposta vocazione al mugugnismo come cifra dell’identità nazionale. L’omaggio al presidente della Repubblica, ormai a cadenza regolare, aiuta a capire ciò che guida un pensiero forse recondito, non tale però da velare un certo desiderio di continuità finalizzato a evitare la sopravvenienza di pericolose tensioni.

 

Fatta questa premessa, sulla quale è difficile mostrarsi dubbiosi, la domanda prende subito corpo: chi rappresenta, sul piano politico, la realtà di un paese che si protende in avanti, ma cerca di farlo con equilibrio, non mettendo a rischio la generale tenuta di un quadro politico? L’anomalia del governo Draghi sedimenta nella percezione comune un senso di positività che in verità doveva risultare improponibile nella visione politologica del maggioritario. Si va configurando addirittura una condizione di “indipendenza” dell’esecutivo, talché la dialettica interna alla maggioranza finisce per spegnersi nella produttività dell’azione governativa. Non è responsabile immaginare la fuoriuscita da questo perimetro di sicurezza definendo scenari incompatibili con l’assicurazione di questa esigenza di stabilità. Proporre allora il passaggio di Draghi al Quirinale risponde a un ossequio di per sé comprensibile e perciò formalmente incontestabile nei riguardi della personalità più illustre della vita politica nazionale, ma ciò in effetti confligge con la preoccupazione di non smantellare un “equilibrio dinamico” appena raggiunto, da cui l’Italia può trarre ulteriori benefici.

 

Abbiamo bisogno di Draghi alla guida del governo: il suo lavoro non è finito, anzi possiamo dire, con tutta onestà, che è solo agli inizi. Su questo punto la posizione di Letta fa chiarezza rispetto alle tentazioni movimentiste, interessate a drenare un consenso funzionale alla rinascita di una sinistra più di lotta che di governo, per le quali il Pd dovrebbe emanciparsi – non importa a quale prezzo – dall’attuale linea di solidarietà nazionale. Ovviamente, non basta una dichiarazione del segretario dem a diradare le nubi dell’incertezza. Se da sinistra muove un’istanza di autonomia, come se l’assetto odierno rappresentasse un vincolo inaccettabile, anche da destra viene una spinta, forse anche più radicale e dunque più pericolosa, alla pura e semplice cancellazione dell’esperimento politico odierno. In sostanza, l’eccezionalità del momento sarebbe da considerarsi alla stregua di una parentesi da chiudere in fretta.


In questo modo si andrebbe a innescare un processo d’inesorabile e rapida consumazione della risorsa rappresentata dalla vigente tregua politica. Non si farebbe tesoro della “novità” di Draghi, né si agirebbe in funzione di un nuovo e più avanzato equilibrio di forze. Sull’altare della competizione tra destra e sinistra – entrambe riconsegnate alla loro presunta purezza – verrebbe meno l’impegno a rinforzare la spinta centripeta dell’Italia profonda. Ecco perché, come risposta alternativa, è auspicabile invece un’operazione di coagulo delle forze che trovano nel disegno di ampia convergenza nazionale un elemento di verità. Più che pensare al “partito di Draghi” serve concentrarsi però sull’idea di un “partito per Draghi”, chiarendo subito che in questa locuzione rientra egualmente una possibile formula di coalizione, a patto che venga rispettato e valorizzato, in un modo o nell’altro, il dinamismo innovatore della prospettiva qui appena accennata, intanto, sotto forma di preliminare scelta di campo.

*Pd, ex ministro dell’Istruzione