Lui, a sentirsi riportato il pettegolezzo, lo liquida come si fa con le maldicenze. E insomma Claudio Durigon ai suoi confidenti dice che no, che ci mancherebbe altro, che semmai “qualcuno ci spera, qualcuno nella Lega ci godrebbe a vedermi andare via”. Andare dove, esattamente? Francesco Lollobrigida, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, giorni fa faceva spallucce: “Non mi risultano scossoni imminenti. Ma se altri dovessero ritenere di condividere le nostre posizioni, non potremmo che compiacercene”. L’indiscrezione insomma è di quelle succulente: Durigon, l’uomo forte del salvinismo in terra laziale, colui che all’erede di Bossi ha indicato le vie d’accesso al centrosud, starebbe meditando il grande addio, il trasferimento armi e bagagli dalle parti di Giorgia Meloni. Fatale, evidentemente, sarebbe stato in questo senso lo smacco subito, quelle dimissioni che, dopo lunga ma poco convinta difesa, Matteo Salvini gli ha imposto dopo il suo scivolone sul parco Mussolini, con quel che ne è conseguito. Costretto a lasciare il Mef, il non più sottosegretario sperava allora nel restituzione dell’onore come vicesegretario, nel senso del partito. Solo che al consiglio federale di lunedì scorso, l’atteso annuncio non è arrivato. E anzi, Durigon s’è dovuto anche subire il ghigno di quel Giancarlo Giorgetti con cui i rapporti personali sono quelli che sono, che s’è giustificato dicendo che no, che lui non ha mai inteso sfavorire il compagno di partito dicendo che “quando si hanno responsabilità di governo bisogna stare molto attenti quando si parla”.
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