L'agosto bollente delle sigle confederali contro il passaporto vaccinale. Dopo l'incontro con Draghi e Bonomi l'accordo è stato trovato, ma ora si apre adesso un altro fronte: chi paga i tamponi in azienda?
Alla fine il Titanic ha evitato l’iceberg, ma proprio all’ultimo secondo. La svolta è arrivata dopo un agosto incandescente, sul fronte sindacale come nelle temperature. E del resto proprio da un “colpo di calore” è iniziato tutto, dalla frase buttata là da Maurizio Landini commentando la circolare di Confindustria sul green pass in azienda. Con Cisl e Uil perfettamente accodate nel giudizio tranchant. Di lì in poi un crescendo di posizioni sempre più accese, con Landini a dare la linea a tutto il sindacato confederale: se il governo vuole il green pass, metta il vaccino obbligatorio per legge, non saremo noi a farci carico di una simile decisione. Il 9 agosto il capo della Cgil rilascia una intervista a Repubblica, dove in sostanza dice: “No alle sanzioni per chi non ha green pass”. Intervista che pare abbia scalfito perfino l’imperturbabilità di Mario Draghi, oltre che creare sconcerto all’interno della stessa Cgil.
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