Lui, l’impaccio, non lo ha sentito granché. Nel senso che a Giuseppe Conte e alla sua delegazione di governo, arrivata in visita di poca cortesia nel suo ufficio al quinto piano del Mite, Roberto Cingolani ha detto quel che per oltre una settimana è andato ripetendo ai suoi collaboratori. E cioè che “io rispondo a Mario Draghi e alle leggi della scienza, e dei giochi politici, delle mosse finalizzate alla visibilità, mi curo poco, perché non ho il bisogno, né la voglia, di essere eletto”. L’ansia, semmai, se la sono sorbita proprio i suoi assistenti, costretti per giorni a ridefinire l’agenda del ministro, così da accogliere i mutevoli capricci grillini.
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