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Forza Italia a Roma dovrebbe iniziare a parlare la lingua del grillismo?

Simone Canettieri

De Vito suggerisce al partito di cercare voti nel bacino elettorale del M5s

Nel grande acquario della campagna elettorale è sicuramente un pesce da seguire. La sera del 4 ottobre sarà curioso andare a vedere a Roma quante preferenze avrà preso Marcello De Vito, l’ex grillino folgorato da Forza Italia. L’uomo forte del M5s, di cui fu il primo candidato sindaco nel 2013, ormai si sente un berlusconiano doc. E così è passato dalle foto con Beppe Grillo a quelle con Maurizio Gasparri. Adesso De Vito dice a Forza Italia che se vuole fare un salto di qualità deve andare a pescare nel bacino elettorale del M5s. La cosa è curiosa. E va spiegata dal diretto interessato: perché FI a Roma dovrebbe iniziare a parlare la lingua del grillismo? “Forza Italia deve parlare la sua, di lingua, ma avendo il coraggio di rivolgersi anche a quell’elettorato, visto che molte tematiche sono assolutamente comuni: penso al tema della rigenerazione urbana e delle periferie, alla cura del disagio diffuso; alle politiche sociali, alla tutela della disabilità e della terza età, ma anche al tema della sicurezza o della corretta gestione finanziaria dell’ente”.

De Vito sostiene che certi principi fondativi del Movimento sarebbero in verità di proprietà del partito di Berlusconi. “L’idea  per cui nessuno deve rimanere indietro appartiene alla cultura politica di Forza Italia. Che ha un approccio più pragmatico e meno ideologico, più orientato allo sviluppo: riqualificare le periferie ed il patrimonio vuol dire anche rilanciare l’economia, le imprese, l’attività dei professionisti, cosa fondamentale in questa fase”.

 

Marcello De Vito, l'ex grillino folgorato da Forza Italia

 

De Vito sta girando la città per raccattare consensi: stringe mani e fa comizi. Certo, non deve essere facile richiedere il voto a chi cinque anni fa scrisse il tuo nome sperando in un vaffa capitale e adesso ripresentarsi in giacca e cravatta per conto di Forza Italia. Avrà preso qualche vaffa anche lei? “No. Anzi. Ieri mi hanno detto: ti vedo ringiovanito e con l’occhio vivo. Una frase ricorrente è stata: ti votavo nonostante fossi del M5s, ora ti voto ancora più volentieri. Anche molti delusi del Movimento mi hanno seguito perché hanno capito che ormai si è trasformato nella fotocopia del Pd e perché hanno fiducia in me. Conosco l’ambiente e so che in tanti sono in crisi di identità. Peraltro sanno che il M5s non arriverà al ballottaggio e quindi si stanno orientando verso il voto utile”. 

In un ipotetico ballottaggio Gualtieri-Michetti saranno decisivi i voti del Movimento, ma dopo cinque anni l’elettorato grillino, ciò che ne rimane, non è organico al centrosinistra? “Non vi è alcuna comunanza di temi. Conte e Letta stanno facendo un’operazione algebrica il cui unico scopo è il solito ‘sconfiggere la destra’. Come è al solito la sinistra è contro e non pro. Ribadisco che sui grandi temi di una capitale come Roma, le idee del M5s sono molto più vicine a quelle del centrodestra. E poi non sottovaluterei la variabile Calenda che a livello nazionale pesa almeno 10 punti in meno: forse una analisi politica andrebbe fatta anche in questo senso nella prospettiva del ballottaggio”.  

 

De Vito ormai è un politico a tutto tondo e quindi si rifiuta di dare consigli a Enrico Michetti e addirittura nega che il candidato del centrodestra sia in difficoltà (“siamo nettamente primi nei sondaggi, se dovessimo decollare vinceremmo al primo turno”). Il forzista De Vito, e qui si fa subito soldato e gira alla larga dai guai, assicura di non aver mai sentito una voce che gira a Roma da un po’: che la parte di Forza Italia vicina ai tre ministri del governo Draghi voterà Gualtieri o Calenda (non a caso il leader di Azione proprio ieri ha detto che vorrebbe Guido Bertolaso come vicesindaco di Roma e commissario al Decoro cittadino). “Voce inesistente, davvero. Magari esisterà anche una voce secondo cui Calenda sosterrà  Michetti  al ballottaggio? O lo sosterrà la Raggi?”.

Nel 2016 De Vito sfondò il muro delle seimila preferenze, anche lui sosteneva come Raggi che il vento sarebbe cambiato per Roma. Com’è andata a finire si sa: per lui è stata una via crucis personale e politica. Ieri ha incontrato a un evento la sindaca di Roma. “Ci siamo salutati:  ciao, ciao. E arrivederci Roma”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.