Un Carroccio a due facce
Salvini è la Ferragni del centrodestra
La Lega di governo ha commissariato il salvinismo lasciando al suo leader autonomia solo per postare le sue foto in costume sui social. Una destra non truce è possibile. Un dialogo con un ministro del Pd
Un autorevole ministro del Partito democratico, sotto la garanzia dell’anonimato, ieri mattina ci ha offerto una chiave di lettura interessante per provare a capire quello che sta succedendo all’interno del mondo della Lega, dove la linea del partito, giorno dopo giorno, tende a somigliare sempre meno a quella incarnata da colui che la linea dovrebbe dettarla, ovvero Matteo Salvini.
Il ministro del Pd parla del partito di Salvini con molto rispetto – “in Consiglio dei ministri la Lega ragiona, dialoga, costruisce, collabora e per quanto sia ovviamente un alleato transitorio è un alleato che fino a oggi ha mostrato di essere sorprendentemente affidabile, persino di parola”. Ma nell’analizzare senza acrimonia la traiettoria imboccata dagli alleati di governo, il ministro ci regala uno spunto di riflessione che merita di essere approfondito. “Salvini – dice – si è evidentemente piegato a una linea che non condivide e lo ha fatto perché in caso contrario la sua leadership sarebbe venuta meno. Nella Lega, a quanto ci risulta, a quanto ci dicono i nostri colleghi al governo, la linea un po’ dentro un po’ fuori, un po’ con il governo e un po’ contro, non piace e i sondaggi sembrano dimostrare che quella linea non paga. Non so onestamente come la Lega uscirà da questa contraddizione. Non so onestamente come la Lega riuscirà a tenere insieme un pezzo di partito intossicato dalla retorica nazionalista e un pezzo di partito che da quella retorica vuole affrancarsi. So che però c’è un pezzo di Lega, quella di governo, che dà l’impressione di saper governare, e che dialoga bene anche con noi, e che c’è un altro pezzo di Lega che invece di governare non ne vuole sapere e si preoccupa più di non farsi rubare voti da Fratelli d’Italia che di non farsi rubare l’agenda di governo da qualche altro partito. Non che per noi sia un problema, ma capisco che per la Lega di Salvini la linea di Salvini sia diventata un problema e non so come ne usciranno”.
Il piccolo dialogo con il ministro del Pd ci consente di mettere a fuoco un tema politico importante che non può essere archiviato con la semplice storia delle due Leghe: una di lotta e una di governo. La Lega, come si sa, è un partito stalinista, dove l’opposizione può essere consentita solo a condizione che quell’opposizione faccia l’esclusivo interesse del leader del partito, e in questo senso il processo che si è avviato all’interno della Lega non è la ricerca di un anti Salvini ma è la ricerca di un metodo di lavoro che consenta a Salvini di non fare troppi danni e che consenta alla Lega di far fare a Salvini quello che gli riesce meglio: l’influencer. O se vogliamo: la Chiara Ferragni del Carroccio. La Lega può piacere o no e può essere più o meno disprezzata dagli osservatori. Ma la politica è fatta oltre che di intenzioni anche di azioni concrete. E le azioni concrete messe in atto in questi mesi da parte della Lega ci dicono con chiarezza che in Italia esiste un’alternativa alla destra truce, estremista, nazionalista, sovranista, antieuropeista. E quell’alternativa si trova non al centro dell’agone politico (molto dipenderà da cosa combinerà Carlo Calenda) ma si trova in quello spazio che esiste tra i governatori della Lega e la vecchia Forza Italia berlusconiana. Uno spazio che grazie all’aiuto di Draghi negli ultimi mesi ha messo la museruola al filone della Lega più apprezzato da Salvini: Claudio Borghi, Alberto Bagnai, Armando Siri, Simone Pillon, Emanuele Cestari, Alessandro Pagano, Matteo Micheli, Alex Bazzaro, Roberta Ferrero, Marco Zanni, tutti, tranne quest’ultimo, uniti mercoledì 28 luglio a piazza del Popolo per partecipare alla fiaccolata di protesta contro il primo decreto del governo a favore del green pass.
La Lega che oggi comanda è quella che si trova al governo del paese e al governo delle regioni. E quella Lega da mesi ha capito quello che all’influencer del Carroccio non è ancora chiaro: “In un mondo che cambia, chi fa politica non può non tenere conto dei cambiamenti del mondo”. Le parole tra virgolette sono quelle consegnate pochi mesi fa al Foglio da Giancarlo Giorgetti, che con anticipo sui tempi aveva capito che il centrodestra avrebbe potuto avere un futuro, senza più indispettire il suo elettorato, allontanandosi dall’estremismo e avvicinandosi a poco a poco a una destra europea più simile al modello Cdu/Csu (che piace ai governatori leghisti) che al modello AfD (con cui Salvini è alleato in Europa). E per avvicinarsi a quel modello le chiavi sono tre: trasformare Salvini in un semplice influencer; avvicinare l’agenda della Lega a quella di Draghi; usare il possibile insuccesso alle amministrative per archiviare una volta per tutte la dottrina salviniana. Una destra non truce è possibile. E il fatto che in quella destra lo spazio per la leadership di Salvini sia destinato a essere più formale che sostanziale è una notizia che dovrebbe mettere di buon umore anche i nemici della Lega.