festival dell'innovazione
Garofoli: "Vi racconto come ho conosciuto Draghi"
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio al Festival del Foglio. "Sul Pnrr non si rallenta. E sul reddito di cittadinanza ci vuole innovazione nel migliorarlo"
"Fare le riforme, anche se sono impopolari". Il monito di Mario Draghi, tocca a Roberto Garofoli spiegarlo. E lo fa, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, in un intervento al Festival dell’Innovazione del Foglio che rappresenta la sua prima uscita pubblica da quando, nel febbraio scorso, ha preso servizio a Palazzo Chigi. “Il Pnrr costituisce per l’Italia un’occasione storica, che però delinea un percorso di superamento dei nodi strutturali che da sempre limitano lo sviluppo e la crescita del paese”. Eccola, allora, l’impopolarità insita al piano di riforme. “Anche quella sulla Concorrenza, che dovrebbe essere una legge attuale e che però non viene aggiornata dal 2017, è una riforma che incide su alcuni grumi di interessi costituiti. Abbiamo su questo fronte l’urgenza di fornire risposte chiare alla Commissione europea, ma al tempo stesso dobbiamo aprire un confronto anche pensando agli altri stati membri. In alcuni dei quali, ad esempio, le concessioni idroelettriche su cui il governo sarà chiamato a decidere prossimamente, sono addirittura perpetue”.
Impopolare anche la modifica del reddito di cittadinanza? “E’ inevitabile lavorare con un certo tasso di innovazione su questo settore: dal reddito alle politiche attive e agli ammortizzatori sociali. Molto spesso le imprese non riescono a trovare le competenze di cui hanno bisogno, anche perché la pandemia ha innescato un processo di cambiamento che ha portato all’invecchiamento precoce di molte professionalità”.
Ed ecco, però, che a fronte di questo ingente piano di riforme, viene da chiedersi quale sia l’innovazione apportata dal cosiddetto “metodo Draghi”. Ed è qui che Garofoli confessa un piccolo segreto, un aneddoto finora rimasto inedito. “Non conoscevo il presidente Draghi: l’ho incontrato per la prima volta quando ho giurato alla formazione del governo. E’ stato lui stesso ad annunciarmi la mia nomina: mi ha telefonato un paio d’ore prima che salisse al Quirinale con la lista dei ministri”. Decisionismo assoluto, dunque? Non proprio. O non solo, quantomeno. Perché, a sentire Garofoli, “la novità portata da Draghi sta forse nel metodo. C’è anzitutto l’ascolto delle molte istanze che arrivano dalle forze di maggioranza. Poi un confronto, che spesso è anche robusto tra i vari ministri sulle molte questioni tecniche e politiche affrontate nelle cabine di regia. Incontri in cui, a differenza di quanto spesso si pensi, c’è una certa armonia tra le varie forze politiche. Anche Lega e Pd, sì, vanno molto più d’accordo di quanto non si dica, perché evidentemente c’è una diffusa consapevolezza dell’eccezionalità del momento. Infine, a valle di questo percorso, c’è la decisione: un atto a cui il premier non si sottrae mai. Il tutto, comunque, inserito in una programmazione che non è solo settimanale, ma anche di lungo periodo”.
In questa programmazione, cosa si prevede che accada a febbraio, quando si eleggerà il nuovo presidente della Repubblica? “Di questo – si schermisce Garofoli – a Palazzo Chigi non si parla mai. La programmazione guarda comunque fino al 2026, cioè alle varie tappe che devono portarci alla realizzazione del Pnrr. Il che, certo, non significa che il prossimo governo non avrà margini di manovra per promuovere politiche pubbliche diverse dalle attuali. Ma spero che nessun governo voglia decelerare sul percorso delle riforme, né sottrarsi agli impegni presi con l’Unione euoropea".
L'editoriale dell'elefantino