transizione stellare
Colao cambia rotta sulle politiche spaziali e archivia il grillismo
Il ministro della Transizione boccia il piano industriale dell'Agenzia spaziale italiana e segna l'ennesima rottura con l'epoca di Conte. Il rischio per i fondi del Pnrr, le proteste formali del presidente Saccoccia, i dubbi sui finanziamenti all'azienda pugliese ritenuta vicina al leader del M5s
Sarà pur vero, come ripete Vittorio Colao ai suoi interlocutori, che “ci vorrà del tempo” per dare un nuovo impulso al settore. E però, che l’aria sia cambiata per quel che riguarda le politiche spaziali del governo, quelle che Mario Draghi gli ha affidato in gestione a fine agosto dopo l’inciampo di Bruno Tabacci, lo si è capito subito. A partire, cioè, dal dieci settembre scorso. Quando, nella prima riunione che ha tenuto coi vertici dell’Agenzia spaziale italiana (Asi), il ministro per la Transizione digitale ha avanzato contestazioni così puntute, così puntuali, che all’indomani s’è ritrovato sulla scrivania una lettera di proteste inviata dai consiglieri del presidente Giorgio Saccoccia. “I punti oggetto delle vostre contestazioni sono frutto di scelte che erano state condivise dalle precedenti gestioni”: questo, in estrema sintesi, era il senso della rimostranza del direttore dei programmi dell’Asi, Roberto Formaro. E qui sta in fondo il senso del conflitto in corso. Perché proprio Colao e il suo nuovo corso rappresentano quella discontinuità rispetto al contismo in uno degli ultimi settori in cui si attendeva una cesura col recente passato a cinque stelle, quando la delega all’aerospazio la gestiva il grillino Riccardo Fraccaro. E invece con la pignoleria del dirigente d’azienda, Colao ha voluto anzitutto rileggere le carte, analizzare i dossier. E, per prima cosa, s’è ritrovato a leggere un piano industriale triennale che, a detta di chi ha ascoltato gli sbuffi del ministro, presenta “notevolissime criticità”.
Non solo nel settore dell’internet delle cose e delle telecomunicazioni di ultima generazione, su cui l’ex ad di Vodafone ha competenza ed esperienza rare, ma anche nel campo della programmazione ordinaria. Con l’aggravante, però, che stavolta il piano industriale di Asi s’intreccia col Pnrr, e dunque a giudizio di Colao richiede un sovrappiù d’attenzione. E invece, a quanto risulta ai suoi collaboratori, è stato con una certa leggerezza che i tecnici dell’Asi avevano ottenuto dai precedenti referenti politici (Fraccaro prima, Tabacci poi), l’autorizzazione a finanziare grossa parte dei loro progetti futuri coi 2,3 miliardi che il Recovery plan assegna al comparto spaziale italiano. Una sovrapposizione per certi versi indebita, a giudizio del ministro della Transizione digitale, e comunque rischiosa. Intanto perché non tutti i programmi contenuti nel piano dell’Asi rispondono ai requisiti fondamentali indicati dalla Commissione europea. E poi perché, sorprendentemente, proprio nei settori in cui si potrebbero sfruttare i finanziamenti del Pnrr i progetti messi in cantiere mancano di un programma chiaro, con scadenze precise e obiettivi definiti.
Non basta. Perché, tra le varie anomalie riscontrate nel piano, c’è anche il fatto che poco meno della metà dei fondi stanziati andrebbe a finanziare progetti guidati da una sola azienda, quella Sitael di Mola di Bari che è senz’altro una delle eccellenze nazionali, ma che troppo spesso, nei pettegolezzi malevoli della politica romana, è stata considerata vicina (non solo per questioni di comune pugliesità) alle simpatie di Giuseppe Conte e dei suoi fedelissimi. E dunque anche su questo aspetto occorrerà un approfondimento. Del resto, nel ricevere le deleghe da Mario Draghi, Colao si è sentito conferire un mandato pieno, necessario anche per superare una fase quanto meno travagliata della politica aerospaziale italiana. Iniziata ai tempi del Conte I, col siluramento intempestivo e arbitrario dell’allora presidente dell’Asi per mano leghista, e proseguita in epoca di Conte II con la conduzione raffazzonata della partita per il rinnovo della presidenza dell’Agenzia spaziale europea, quando Fraccaro s’incartò a tal punto nelle trattative coi suoi omologhi francesi e tedeschi che perfino uno come Andrea Orlando, che pure è incline al dialogo col M5s, parlò di “una gestione che non è stata esattamente felice, per usare parole misurate”.
Anche in questo senso, allora, si capisce perché Colao, se da un lato ha fatto sapere che “come decisore politico mi assumerò responsabilità di indirizzo chiare”, dall’altro ha lasciato intuire ai suoi colleghi di governo la volontà di tornare a una gestione condivisa, trasversale ai vari ministeri nei rispettivi campi d’interesse, che coinvolga il Mise di Giancarlo Giorgetti per le questioni industriali, la Difesa di Lorenzo Guerini per quel che riguarda gli aspetti militari, e l’Università di Maria Cristina Messa per quanto concerne la ricerca accademica. Quanto ai grillini, l’ultimo tentativo di guadagnare una qualche centralità nella partita l’hanno esperito a inizio agosto, quando provarono, con l’interessamento di Conte e dello stesso Fraccaro, a far assegnare le deleghe per l’aerospazio alla ministra Fabiana Dadone. Forse sapendo che, con Colao alla tolda di comando, l’aria sarebbe cambiata.