Il caso
Lega e green pass, ora in Veneto parte la sedizione contro Salvini
Il consigliere Favero: "La linea del partito è quella dei governatori, non la si metta in discussione". Le assenze sul decreto green pass creano scompiglio tra i fedelissimi di Zaia
Continuano a far finta di niente. E nessuno, nel cerchio stretto attorno a Matteo Salvini, vuole ammetterlo esplicitamente. Ma oramai, giorno dopo giorno, l'insofferenza per la condotta leghista a livello nazionale ribolle sempre di più nel nord. Guardate a quel che accade in Veneto. Lì, nella regione amministrata da Luca Zaia, le assenze di massa tra le file leghiste in Parlamento quando s'è trattato di votare l'estensione del green pass non le hanno digerite granché. E in molti hanno fatto notare che la piena libertà di coscienza concessa da Salvini ai suoi è stata controproducente. Insomma, s'è rischiato l'ennesimo incidente politico, che ha esacerbato ancor più gli animi, rendendo palese la spaccatura tra le due leghe (una delle quali è sempre più rappresentata dalla Liga Veneta).
Tant'è che uno storico leghista come Marzio Favero, consigliere regionale di Zaia, oggi a proposito della diserzione dei parlamentari ha detto al Corriere del Veneto che "chi è delegato dal popolo attraverso il voto ha un compito straordinario e deve assumersi responsabilità che possono essere non immediatamente popolari. Quindi è grave che questi parlamentari non si siano assunti la responsabilità della scelta". Anche perché secondo l'ex sindaco di Montebelluna "non si può invocare all’interno del movimento l’unità di voto e poi su un tema scomodo dire che c’è libertà d’opinione. In un partito quando si è deciso a maggioranza si deve essere monolitici". Che poi in sostanza è quanto hanno chiesto i governatori come Luca Zaia, Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana: discutiamone, ma quando arriviamo a una sintesi la linea del partito sia una sola, non dieci, è il sunto del loro richiamo alla responsabilità.
Fatto sta che mentre il mondo produttivo chiede a Salvini di marginalizzare le voci no vax all'interno della Lega, sono questi ultimi che decidono di abbandonarlo per primi, com'è stato il caso dell'europarlamentare Francesca Donato. L'innesco di un esodo che c'è un po' in tutta italia, e che Salvini sta cercando di controbilanciare con gli innesti delle ultime ore (tra questi il deputato siciliano ex italovivo Francesco Scoma e il presidente del Consiglio regionale lombardo Alessandro Fermi).
La controffensiva che spira dal nord-est, ora che il segretario del Carroccio si trova in un cul-de-sac alla vigilia di elezioni amministrative che per la Lega rischiano di essere molto negative, potrebbe persino agevolare quella richiesta di congresso che si muove nell'entourage di Giancarlo Giorgetti. "Fatti rieleggere così ti rafforzi", è il ragionamento del ministro dello Sviluppo economico. Una richiesta avanzata nelle stesse ore in cui Salvini perdeva pure Luca Morisi, il deus ex machina della comunicazione leghista sui social. Ma siamo sicuri che basterà ad assopire quest'insoddisfazione che cova nel settentrione? E che non convinca gli amministratori alla Zaia e Fedriga a mettere in discussione la leadership salviniana? Intanto dichiarazioni come quella del capogruppo della Lega in Regione Veneto Alberto Villanova dovrebbero suonare come un monito per il segretario. "Il Green pass? Non abbiamo tempo per perderci appresso alle ideologie", ha rimarcato il numero due di Zaia. Lo aveva detto anche la senatrice vicentina Silvia Covolo qualche tempo fa al Foglio: "Ci vuole responsabilità e noi deputati leghisti del Veneto chiediamo solo che la linea di Salvini sia quella di Zaia".