La sorpresa di Enrico Letta di fronte alla sentenza di Palermo, e il dibattito nel Pd
Il day after sulla Trattativa stato mafia. Parlano Verini, Bazoli, Mirabelli
La Trattativa stato mafia? Non ci fu reato: la sentenza della Corte di Appello di Palermo ha ribaltato il verdetto di primo grado, assolvendo gli ex carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno e l’ex senatore Marcello Dell’Utri, e ha mandato alla sbarra, indirettamente, la campagna mediatico-politica che per tanti anni ha percorso trasversalmente partiti e schermi televisivi. Ed era in tv, il segretario del Pd Enrico Letta, l’altra sera, quando, a “Otto e Mezzo”, su La7, ha sottolineato la “sorpresa” nell’apprendere la notizia: “Sorpresa”, ha detto Letta, “per il rovesciamento rispetto agli altri gradi di giudizio, ma su temi così complessi serve leggere le motivazioni e i ragionamenti fatti. Sicuramente sarà una sentenza che farà molto discutere, non ho nessun dubbio”.
E certo non è facile, per il segretario Pd, avere a che fare con una sentenza così mentre tiene alto il vessillo dell’alleanza con il M5s, partito in cui i fan del verdetto di primo grado sono infinitamente più numerosi dei detrattori (compresi gli organi di stampa vicini al M5s). Ma il problema è più complesso. Dice Walter Verini, storico deputato Pd, tesoriere già membro della Commissione Antimafia: “Le sentenze della magistratura, per quanto possano far discutere, vanno rispettate. Anche quando ribaltano quelle del precedente grado di giudizio. Questa volta, però, leggere le motivazioni sarà tanto più importante per capire. Probabilmente la corte di Appello può aver fatto prevalere le motivazioni di una qualche ragion di stato. Non mi pare, infatti, che sia stata messa in discussione l’esistenza di contatti tra mafia e membri delle istituzioni statali ma il fatto che questi contatti si configurassero come reati. Detto questo va riconosciuto, al di là del legittimo diritto di criticare l’inchiesta e alcune sue proiezioni mediatiche (anche a me è capitato di criticare le modalità inaccettabili del coinvolgimento di altissimi vertici istituzionali) che la Procura di Palermo ha svolto sempre un ruolo fondamentale nel contrasto alle mafie. È grazie a questo lavoro, al netto di esiti giudiziari come quello di cui parliamo, che le mafie hanno subito colpi decisivi. Perché non lo dimentichiamo: garantismo non può significare non riconoscere che le mafie e le collusioni della politica con queste sono un male assoluto ancora da combattere e sconfiggere”.
Esistono dunque diversi livelli di giudizio anche per tutto quello che in questi anni è stato costruito attorno all’inchiesta sulla trattativa stato-mafia. Ad Alfredo Bazoli, capogruppo pd in Commissione Giustizia alla Camera, sembra di capire “che la Corte d’Appello abbia ritenuto non fondata la qualificazione giuridica dei fatti. Cioè i fatti ci sono ma non sono catalogabili come reati. Faremo le nostre valutazioni una volta lette le motivazioni, tuttavia credo si debba resistere alla tentazione di vedere nella sentenza un’occasione per attaccare in modo scomposto la magistratura. Piuttosto forse bisognerà interrogarsi sulla necessità di chiudere una stagione in cui i processi possano essere usati per valutare in un senso o nell’altro vicende esclusivamente politiche”.
Il senatore pd Franco Mirabelli trova che sia “esercizio complicato discutere prima di leggere le motivazioni. Ma mi sento anche io colpito da una sentenza che da una parte ammette il tentativo della mafia di avvicinare uomini di stato dall’altra assolve le figure che ne sarebbero state co-protagoniste. Ma ripeto: è prematuro”. E forse, quando Letta dice che la sentenza farà discutere, allude anche all’interno del suo partito.