Grandi coalizioni
Landini, Letta, Conte e Schlein: prove di “patto sociale” ed elettorale
Dalla bolognese "Futura2021" l'idea di un'alleanza a sinistra in vista delle prossime elezioni politiche. Punto di incontro, il patto sociale lanciato da Draghi
Dal patto sociale al patto politico il passo può essere breve, specialmente se i contenuti del primo diventano la base di un programma elettorale in vista delle prossime elezioni, quando saranno. Le prove tecniche di questo possibile scenario si sono intraviste a Bologna, nel corso della tre giorni “Futura2021” indetta dalla Cgil, inaugurata da un panel di discussione composto da Maurizio Landini, Enrico Letta, Giuseppe Conte ed Elly Schlein: rispettivamente a capo del Pd, del M5s e della sinistra-sinistra ecologista, oltre che vicepresidente della regione Emilia Romagna. Argomento del dibattito era, appunto, il “Patto sociale” lanciato da Mario Draghi all’Assemblea di Confindustria. Proposta alla quale Landini ha aperto, addirittura rilanciando: “Siamo noi che da mesi chiediamo al governo un confronto serrato su una serie di temi, per cui ci aspettiamo che lunedì (giorno in cui è fissato un incontro dei sindacati a Palazzo Chigi) Draghi ci presenti un fitto calendario di appuntamenti per iniziare subito a discutere dei contenuti concreti”.
Ma non è questa la vera notizia. La notizia è che, a partire dai contenuti del patto, si è via via palesata sotto le bandiere della Cgil una sorta di alleanza elettorale basata su un programma pienamente condiviso dai tre esponenti politici presenti. E ovviamente dal sindacato. Landini, del resto, è da anni convinto della necessità che le forze progressiste recuperino la capacità, perduta da tempo, di rappresentare il mondo del lavoro. In passato, da segretario della Fiom, aveva lanciato la cosiddetta “Coalizione sociale”, tentativo però fallito rapidamente. Ora, da leader Cgil, ci riprova e il mezzo, stavolta, è appunto quel patto sociale lanciato da Draghi. Per Landini, il patto deve contenere alcune riforme fondamentali: fisco, previdenza, salario, contrattazione e soprattutto una legge sulla rappresentanza, che darebbe maggiore forza ai sindacati confederali. I tre politici presenti si sono trovati d’accordo con il segretario della Cgil, ma non solo: ciascuno ha aggiunto un capitolo al programma. Letta (che ha rivendicato la primogenitura dell’idea del patto sociale, ricordando di averla lanciata a maggio), ci mette dentro anche il salario minimo e la gestione, o quanto meno la “sorveglianza”, dei 220 miliardi del Pnrr, introducendo le parti sociali nella cabina di regia. Altri temi: la riconciliazione dei diritti civili con i diritti sociali, fortemente sostenuta da Landini e Letta, la questione salariale e la parità di genere, la contrattazione e l’ambiente. E qui è Elly Schlein che può vantare il successo del suo “Patto per il lavoro e il clima” realizzato in Emilia Romagna, da traslocare magari nella dimensione nazionale. Poi tocca a Giuseppe Conte: salario minimo, sicurezza nei luoghi di lavoro, decontribuzioni al Sud e recupero delle crisi industriali attraverso la partecipazione dei lavoratori e il workers buyout sono stati i contributi al futuro Patto portati dal presidente pentastellato.
Alla fine, è bastata un’ora di dibattito per tirare fuori una sorta di bozza che Landini ha definito “un nuovo progetto di Paese da costruire”. Qualcosa che va oltre un Patto sociale ma, appunto, assomiglia molto a un patto ben più politico tra Pd, M5s, sinistra ecologista e sindacato. Tanto che Elly Schlein, alla fine, lo ha detto apertamente: “Non so se ve ne siete accorti, ma oggi, qui, è emerso che tre aree politiche sono in grado di lavorare assieme per un progetto da contrapporre al centro destra: un fronte progressista ed ecologista che potrà sfidare a testa alta la destra e vincere le elezioni”. E che avrà dalla sua anche la Cgil, coi suoi quasi 6 milioni di iscritti che valgono quanto un partito, se non di più.