A ripensarci, il ricordo di quelle sere in cui, mettendo da parte il loro condiviso gusto per l’understatement, “salvammo l’euro, forse l’Europa”, ancora li tocca nel profondo. Se lo sono ripetuto anche di recente, in una chiacchierata informale, Mario Draghi e Angela Merkel. Del resto con lei, il premier italiano ha sempre potuto farlo: parlare. Anche quando, nei mesi in cui la nascita del Quantitative easing già sembrava una rivoluzione (e lo fu) e i giornali tedeschi accusavano “mr Bce” di “distruggere i nostri soldi”, in quei mesi in cui Draghi aveva coniato per il falco della Bundesbank Jens Weidmann il soprannome di “signor non se ne parla”, anche in quei mesi con “Angela” s’è sempre confrontato, magari bisticciando, certe volte perfino confidato (ricorrendo a battute che, pare, divertivano assai l’algida leader della Cdu, tipo questa: “Fare bene il proprio dovere non è una prerogativa solo tedesca, credo”).
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