Assedio delle buone notizie
I vaccini galoppano, gli italiani con green pass attivo sono a quota 50 milioni, i licenziamenti dopo lo sblocco sono in linea con il 2019. Tre spunti di ottimismo, con uno sguardo al mix dei prossimi 7 anni
Arrendiamoci, siamo circondati. Sarà l’effetto Draghi, sarà l’energia del post pandemia, sarà la conseguenza del rimbalzo, sarà la volontà di lasciarci in fretta il peggio alle spalle. Sarà un po’ tutto questo e sarà anche molto altro ma alla fine il risultato è sempre quello: la prevalenza, quasi impressionante, mostruosa, “poderosa” avrebbe detto Giuseppe Conte, delle buone notizie che riguardano il nostro paese. La crescita, lo sappiamo, galoppa più del previsto. Il debito, lo abbiamo visto, sale un po’ meno di quanto immaginato. Le esportazioni, lo vediamo, vanno meglio di ogni più rosea previsione. E mentre ci sono paesi che faticano a far fare un salto in avanti alle proprie campagne vaccinali (gli Stati Uniti), mentre ci sono governi che faticano a far accettare ai propri operatori sanitari l’obbligo vaccinale (in Francia l’obbligo è stato introdotto a settembre, in Italia a gennaio), mentre succede tutto questo ci sono altre buone notizie che arrivano da due ambiti importanti, cruciali, sensibili e che mettono allegria.
Due notizie che ci aiutano a mettere a nudo due emergenze che non lo erano, per così dire, e che ci aiutano anche a fotografare la distanza siderale che esiste oggi tra un’Italia ancorata al passato, che cerca di trasformare ogni problema in un allarme, e un’Italia proiettata sul futuro, che di fronte ai problemi cerca un modo per risolverli e non per aggirarli.
La prima notizia, entusiasmante, riguarda il successo del green pass, e il dato interessante è che il numero di green pass scaricati ha cominciato ad aumentare ben prima dei nuovi obblighi che scatteranno a partire dal 15 ottobre. I dati consultati dal Foglio relativi al monitoraggio effettuato il 28 settembre ci dicono che nel giro di un mese il numero di green pass (non tutti ne scaricano solo uno) è passato da un totale di 71 milioni (23 agosto) a un totale di 90 milioni (28 settembre), con una media nell’ultima settimana pari a circa 550 mila emissioni al giorno, una media di download di VerificaC19 (l’app che serve a controllare i green pass) pari a circa 50 mila unità al giorno e un totale di italiani che in questo momento ha un green pass attivo pari a circa 50 milioni. Il green pass si scarica alla grande, l’app di verifica si ottiene senza problemi, le scuole hanno riaperto senza troppi drammi, l’idea che essere vaccinati sia l’unica strada per tornare alla normalità si è andata ad affermare senza troppe storie (il governo del Portogallo, dall’alto del suo 84 per cento di vaccinati con due dosi, sei punti percentuali in più dell’Italia, ha annunciato ieri che dal primo ottobre eliminerà ogni restrizione) e anche sul terreno del lavoro i segnali che arrivano sono migliori rispetto al previsto.
Si era detto, lo dicevano i sindacati, che sbloccare i licenziamenti sarebbe stato un rischio, che dare autonomia agli imprenditori sarebbe stato un dramma, che ridare libertà alle imprese sarebbe stato pericoloso. E invece succede che vai a guardare i dati dell’Inps sulla Naspi, ovvero le richieste di indennità mensile di disoccupazione, e ti rendi conto che le cose sono andate in modo diverso. Lo sblocco dei licenziamenti, come sappiamo, è iniziato il primo luglio e nei primi quindici giorni di quel mese i numeri dicono questo: 258.041 richieste di Naspi. Nel 2020, con il divieto in corso, divieto che come è evidente non poteva valere per ogni tipo di licenziamento, furono 233.088. Nel 2019, prima della pandemia, furono 230.373. Dal 15 luglio al 15 settembre il numero dei licenziati arriva a quota 256.317. Nel 2020, nello stesso periodo, i licenziati furono 242.289. Nel 2019, nello stesso periodo, furono 269.304. Certo, ovvio, ai numeri di quest’anno andranno aggiunti anche i lavoratori che si trovano nel limbo della nuova cassa integrazione ordinaria introdotta con il decreto “Sostegni” fino al 31 dicembre. Ma il punto resta lo stesso: l’autunno che doveva essere molto caldo sarà più tiepido del previsto, l’Italia che doveva essere in panne ha ritrovato un motore e il green pass che doveva essere un dramma è stato trasformato in un’opportunità.
I problemi certamente arriveranno, ma intanto il momento inedito per l’Italia esiste e quel momento dipende non solo dagli animal spirits che si sono messi in moto dopo la fine dell’emergenza pandemica, ma anche da un mix di credibilità, di stabilità e di rassicurazione prodotto dalla presenza di Mario Draghi alla guida del paese. E di fronte alla scelta se avere questo mix per sette anni con certezza o per due anni e poi chissà, la scelta non dovrebbe essere così difficile.