dopo l'inchiesta su fratelli d'italia
Il caso Fidanza conferma che l'abolizione del finanziamento pubblico è stata criminogena
Dopo il 2013, i partiti hanno raccolto poco meno di 20 milioni di euro in tutto dalle donazioni provenienti dal 2x1000. La scelta di scaricare sui privati il costo della politica ha reso la cosa pubblica più dipendente da influenze straniere e traffici poco limpidi
Saluti romani, battute su neri ed ebrei, rapporti con pittoreschi faccendieri e fantomatici “circoli esoterici”. L’inchiesta “La lobby nera”, condotta dal team Backstair di Fanpage e presentata giovedì su La7 a “PiazzaPulita”, ha messo nei guai Carlo Fidanza, plenipotenziario di Giorgia Meloni a Milano ed eurodeputato di FdI. Impegnato in campagna elettorale, Fidanza è stato ripreso da una telecamera nascosta mentre chiedeva finanziamenti in nero per la campagna elettorale di una candidata consigliera comunale. La faccenda ripropone una questione tanto antica quanto di rilievo: la politica costa. Le campagne elettorali pure. E l’aver abolito il finanziamento pubblico nel 2013, accarezzando per il verso giusto il vento populista, potrebbe aver avuto effetti sostanzialmente criminogeni.
Per la cronaca, fu il governo di Enrico Letta, dunque il Pd, ad affamare la bestia e a cancellare il finanziamento pubblico per accontentare l’antipolitica dei grillini. Venne introdotto infatti il 2x1000: dal 2014 chi vuole lo può cedere a un partito, quando compila il suo 730. Poca roba. “In linea di principio eravamo tutti concordi sulla libera scelta dei cittadini in merito alla contribuzione”, ricorda l’allora ministro delle Riforme costituzionali, Gaetano Quagliariello. “All’atto pratico, però, il governo si divise: vinse la linea che stabilì contributi proporzionali e non, invece, una quota minima e un monte complessivo da dividere secondo le preferenze espresse”.
Effetto immediato? Da allora i casi di erogazione di fondi da parte di personalità private, gruppi d’interesse e addirittura nazioni straniere – dunque fenomeni non sempre limpidissimi – si sono moltiplicati. Basti pensare all’affaire Savoini nell’estate 2019 o, ancora prima, alla valigetta consegnata a Gianroberto Casaleggio attraverso il consolato venezuelano a Milano. E’ dimostrato dalle cifre: la scelta di sostituire il flusso di denaro proveniente dalle casse dell’erario con le donazioni private volontarie ha trasformato un fiume in un rigagnolo. Secondo le statistiche del Mef, soltanto nell’anno 2019-2020 circa 40 milioni di italiani hanno deciso di destinare parte del proprio contributo fiscale a 29 partiti, impegnati a raccogliere in tutto poco meno di 19 milioni di euro. Una miseria.
Il Pd è il primo destinatario dei contributi. “Con la restrizione delle entrate e, di conseguenza delle uscite” – spiega il tesoriere del Pd Walter Verini – “il partito è stato costretto da anni a ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti”. Ma il radicamento territoriale paga. E i Caf, che compilano le dichiarazioni dei redditi (e dunque assegnano il 2 per mille del 730) aiutano.
La Lega, che ha militanti generosi, ha conosciuto un rapido incremento a partire dal 2017, ma, anche per via delle alterne fortune politiche del suo leader, dal 2019 è in discesa. “Anche noi, dopo una robusta ristrutturazione, basiamo le linee del conto economico sul 2x1000”, dice il tesoriere Giulio Centemero. “E così siamo sempre arrivati a coprire tutte le spese delle nostre attività”. Fratelli d’Italia, invece, dal 2018, ha più che duplicato i fondi ricevuti.
Nel complesso, però, l’insieme delle risorse resta ancora scarso per mantenere strutture, organico e spese in periodi di dialettica politica ordinaria e soprattutto di campagne elettorali sempre più serrate e ravvicinate. D’altra parte, secondo il celebre aforisma di Rino Formica, “la politica è sangue e merda”. Ma anche soldi. Ormai l’ha capito persino il M5s.