No al ribellismo
A Napoli l'alleanza Pd-m5s vince in chiave moderata. Parla il neo-sindaco Manfredi
"Buongoverno per una città delle competenze, più europea", ci dice il primo cittadino di Napoli ed ex ministro dell’Università e della Ricerca del governo Conte II, fresco di vittoria al primo turno
La foto dice tutto: il neo sindaco di Napoli Gaetano Manfredi che sorride e sembra fermarsi improvvisamente mentre avanza, con attorno una folla ordinata di sostenitori che procedono, un passo appena dietro. È la foto della vittoria al primo turno (con il 62,9 per cento) dell’ex ministro dell’Università e della Ricerca del governo Conte II, alla testa del centrosinistra e sotto al Vesuvio, ma sembra una riedizione non-rivoluzionaria del “Quarto stato”, il quadro di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Non-rivoluzionaria nel senso che Manfredi, accettando la candidatura, racconta al Foglio, ha cercato “di dare alla coalizione, che già aveva lavorato su un percorso comune, una connotazione più politicamente organica, da un lato facendo in modo che ci fosse al tavolo del centrosinistra anche una gamba moderata, a partire da Italia Viva, e dall’altro cercando di unire tutte le formazioni della sinistra, operazione che ha portato alla lista Napoli solidale”. A quel punto, con una coalizione più compatta, dice Manfredi, “abbiamo potuto procedere con l’impostazione che ho cercato di dare alla campagna elettorale: dopo tanti anni di ribellismo, da me fortemente osteggiato come modello, la linea che mi interessava era quella del buon governo di una Napoli europea, una Napoli delle competenze”.
Elezioni amministrative, perché a Napoli l'alleanza Pd-M5s ha funzionato
La vittoria di Manfredi è stata costruita anche sull’alleanza Pd-Cinque stelle, ma nel senso che sono i Cinque stelle ad essersi adeguati alla linea di Manfredi – riformista ed europeista – e non viceversa. Poi, racconta il neosindaco, “la convergenza Pd-M5s è stata trovata anche attorno alla sensibilità del movimento per il tema dell’inclusione sociale, vista la presenza a Napoli di aree di disagio molto ampie che necessitano di un’opera di ricucitura. Ma non a partire da una logica assistenzialista. Diciamo che il dialogo Pd-M5s ha funzionato bene, tanto più che a Napoli la classe dirigente a Cinque stelle, a partire da Roberto Fico e Luigi Di Maio, è fatta di persone che hanno ormai anni di esperienza alle spalle in incarichi istituzionali e che hanno condiviso l’idea di dover voltare pagina, in direzione di una profonda modernizzazione della città”.
Durante il suo viaggio per i quartieri di Napoli, Manfredi ha trovato “una grande voglia di riscatto nelle periferie più dure, da Scampia a San Giovanni. Non ci è stata chiesta assistenza sotto forma di sussidi, ma opportunità di lavoro e servizi dignitosi. Parliamo di zone dove spesso ci sono caseggiati con situazioni di igiene precaria o zone dove non arriva il trasporto pubblico. Ho trovato una grande maturità, persone che ci dicevano: trattateci come gli altri cittadini, questo vogliamo. Una richiesta di riconoscimento-legittimazione”.
Da dove partire? Intanto, dice l’ex ministro, “bisogna considerare un dato importante: i comuni sono stati massacrati sotto la scure dell’austerity, e i tanti tagli hanno avuto effetti nefasti sulla qualità dei servizi. E poi, negli anni di Luigi De Magistris, a Napoli in particolare hanno sofferto, per così dire, gli uffici dell’amministrazione comunale. Ecco perché è urgente una riorganizzazione della macchina, senza dimenticare il reclutamento del personale”.
Altro punto: “Ripartire dagli investimenti, e penso sia al pubblico sia al privato”. Chi aiuterà Manfredi lungo la strada? “Una squadra di alto livello, persone dal profilo sia tecnico sia istituzionale, capaci di far emergere e tradurre in fatti la grande voglia che ha Napoli di cambiare, di mostrarsi in tutta la sua creatività culturale, artistica, imprenditoriale. Sarà proprio una bella avventura”.