La prossima guerra di Salvini a Draghi sarà sulla concorrenza
Il premier vuole affrontare il nodo delle concessioni balneari. E i leghisti già salgono sulle barricate: "non se ne parli neppure". Le zuffe tra Borghi e Garavaglia. L'attesa della sentenza del Consiglio di stato e la doppia linea di Palazzo Chigi tra Giavazzi e Garofoli
A lui che il ricordo del bagnasciuga rievoca inevitabilmente il peggior rimpianto della sua carriera, l’idea di tornare ad azzuffarsi su questioni balneari apparirà forse una iattura. Proprio adesso, peraltro, che con Mario Draghi, come dice Giancarlo Giorgetti, “è tornata la quiete” che segue le tempeste elettorali. Non perché qualcuno tema davvero che sul decreto legge “Concorrenza” Matteo Salvini sia pronto a un nuovo Papeete. Però se davvero, come sembra, in quel decreto dovesse entrarci la revisione delle concessioni balneari, sarà inevitabile il riacutizzarsi della tensione.
E’ bastata d’altronde una mezza frase pronunciata da Draghi, per far ripartire la fanfara sovranista. “Anche qui, come per il catasto, la soluzione per vivere tranquilli è non parlarne per niente”, ha twittato l’immancabile Claudio Borghi. E forse per l’infelicità del paragone scelto – del catasto se n’è parlato eccome, e alla fine s’è fatto come diceva il premier, con tanti saluti per le sceneggiate di Salvini – qualcuno tra i suoi seguaci e militanti del Carroccio ha deciso di prendersela addirittura con Massimo Garavaglia, ministro del Turismo pure lui leghista e però accusato di connivenza col nemico di Palazzo Chigi, e dunque costretto a intervenire in prima persona per difendersi dalla claque tuittarola di quello che sarebbe un suo compagno di partito.
Ma perché tanto clamore? Perché Draghi ha spiegato che il governo sta valutando se inserire un articolo che riguarda le concessioni balneari nel dl “Concorrenza”, e che deciderà anche sulla base di imminenti sentenze. Riferimento criptico, ma abbastanza allarmante per gli addetti ai lavori. Perché il 20 ottobre il Consiglio di stato si riunirà per esprimersi sulla legittimità della proroga delle concessioni balneari fino al 2033 deliberata ai tempi del governo gialloverde, in epoca di deliri antieuropeisti. Bruxelles ha aperto da anni una procedura d’infrazione ai nostri danni, perché la mancata messa a gara delle concessioni balneari – oltre a causare un mancato introito stimato in oltre un miliardo all’anno – costituisce anche una violazione delle norme di libero mercato. Materia da concorrenza, appunto.
Draghi finora ha evitato accuratamente di impelagarsi in una questione che vede sparsi un po’ in tutti i partiti (dal deputato Umberto Buratti nel Pd fino alla sottosegretaria Deborah Bergamini in FI) i sacri tutori degli interessi costituiti. “Poi valuteremo anche sulla base di alcune sentenze”, ha invece sibilato due giorni fa in conferenza stampa. E siccome in quasi tutti i casi riconducibili ad analoghe fattispecie, il Consiglio di stato ha finora sempre assecondato il diritto comunitario, adesso la questione si complica. Perché a fronte di un pronunciamento contrario alla proroga gialloverde del massimo organo della giustizia amministrativa, difficilmente il dl Concorrenza, la cui definizione è prevista per la fine di ottobre, potrebbe non prenderne atto. Tanto più che in un simile scenario le due diverse scuole di pensiero che a Palazzo Chigi si confrontano intorno alla stesura del decreto si ritroverebbero a coincidere. Francesco Giavazzi, infatti, predilige un approccio radicale: il consigliere economico di Draghi considera il dl Concorrenza – una legge teoricamente annuale che però latita dal 2017 e che ora è richiesta nell’ambito del Recovery – come un’occasione per dare vitalità a settori produttivi anchilosati da rendite monopolistiche. Il sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli predica invece più cautela, preferendo limitarsi a intervenire per rimuovere solo le anomalie che costituiscono motivo di conflitto con la giurisprudenza europea. Un’eventuale bocciatura del sistema di proroghe delle concessioni balneari da parte del Consiglio di stato renderebbe ugualmente doveroso, in un senso e nell’altro, intervenire.
E questo, però, per Salvini sarebbe un problema. E il fatto che da giorni il leader della Lega continui a ripetere che “su Quota 100 faremo le barricate” nonostante l’ipotesi di rinnovare la sua disastrosa riforma delle pensioni sia praticamente impossibile, dimostra che a Via Bellerio sono disposti ad accanirsi anche su cause già perse. Figurarsi allora cosa potrebbe succedere sul fronte dei balneari, di cui da anni il Carroccio si è accreditato come supremo difensore attaccando con toni spesso esasperati la direttiva europea Bolkestein che impone la messa a gara delle concessioni.