Sul palco dei No Vax c'era anche Giorgianni, il magistrato benedetto da Gratteri
In servizio presso la Corte d'appello di Messina, sabato ha aizzato la folla: "Serve una Norimberga contro chi governa". Del resto, le sue tesi complottiste sulla pandemia e sulla "strage di stato" portata avanti a suon di vaccini, le aveva già esposte in un famigerato libro la cui prefazione era firmata dal procuratore di Catanzaro
Che dietro al Covid ci vedesse un complotto, lo aveva già dimostrato in un libro farneticante reso tristemente noto anche dalla prestigiosa prefazione firmatagli da Nicola Gratteri. “Questa pandemia è uno strumento di ingegneria sociale che serve per realizzare un colpo di stato globale”, sentenziava Angelo Giorgianni. E dunque si capisce perché non abbia voluto farsi sfuggire l'occasione di conquistarsi il suo quarto d'ora di celebrità, prendendo parte alla manifestazione romana di sabato scorso contro green pass e obbligo vaccinale. E non da comprimario. Perché Giorgianni, magistrato ancora in servizio, già parlamentare e sottosegretario all'Interno, è addirittura salito sul palco, urlando nel microfono e aizzando la folla. "Oggi il popolo italiano ha dato il preavviso di sfratto a coloro che occupano abusivamente i palazzi del potere. Noi per loro vogliamo un processo, una nuova Norimberga".
Eccolo, Giorgianni. In giacca e cravatta, col tricolore in mano. Eccolo che recupera le sue tesi secondo cui quella perpetrata dal governo italiano e dalle autorità sanitarie sia una "strate gi stato", dettata da complotti globali e portata avanti attraverso la campagna vaccinale. Le stesse tesi espresse nel famigerato libro, scritto a quattro mani col medico Pasquale Bacco, in cui si affermava che i vaccini sono "acqua di fogna".
Del resto, controverso ha scelto di esserlo sempre, Giorgianni. Anche quando, da magistrato a Messina, conduceva indagini che puntualmente miravano a dimostrare l'esistenza di una "tangentopoli siciliana". E allora ecco le inchieste "parcelle d'oro", "appalti d'oro" e via elencando. Poi, come si confà a personaggi del genere, accantonò momentaneamente la toga per fare il grande salto in politica. Bussò alla porta di molti, compreso il Pds di D'Alema, alla fine ottenne asilo dal Rinnovamento italiano di Lamberto Dini, poi nell'Udeur di Clemente Mastella. Ottenne anche la promozione governativa: sottosegretario all'Interno nel primo governo Prodi, prima che inciampi e gaffe di vario tipo lo costrinsero a dimettersi. Un complotto, certo, anche allora. E così tornò a tempo pieno alla magistratura. In servizio, tuttora, presso la Corte d'appello di Messina. Cosa che non gli impedisce, però, di vagheggiare sulla pubblica piazza processi sommari a premier e ministri. Anzi. "A coloro che mi dicono che la mia posizione è incompatibile con il popolo, io rispondo che lascio la toga e scelgo il popolo sovrano". Forse è il caso che qualcuno, al Csm, dia seguito a questo sua appello.